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Generazione ‘megastore’, tv spot e family

14/12/2007

Il binomio ‘calciatore - ballerina’ è ancora primo tra i desideri degli adolescenti. Ma mentre i maschi sulla vocazione alla ‘pedata’ non cedono, le femmine, più pragmatiche, alla ballerina tout court preferiscono un versatile personaggio famoso, purché alla ribalta delle cronache. Sempre più frequenti, poi, risposte doppie, con abbinamenti anche stravaganti: velina o magistrato, ballerina o medico. Insomma, "se non sfondo con perizoma e tacchi a spillo, posso sempre mettere toga o camice". Maurizio Tucci, responsabile comunicazione Sip - Società Italiana di Pediatria, racconta a youmark la generazione ‘megastore’, commentando l’undicesima edizione del ‘Rapporto annuale sulle abitudini e stili di vita degli adolescenti’.

Se buona volontà e impegno sono fortunatamente considerati molto importanti da oltre il 90% degli intervistati, con lo studio menzionato dall’85%, il 72,2% ritiene lo siano anche raccomandazioni e amicizie influenti. Il 66% cita l’aiuto della famiglia, il 53,1% la fortuna e il 51,1% i soldi. Più cinici gli adolescenti che vivono nelle grandi città per i quali è ancora più determinante l’influenza di raccomandazioni e conoscenze, nonché della fortuna, mentre è minore la fiducia in impegno e studio.

Lo studio viene penalizzato anche da chi sogna di fare il calciatore o il personaggio famoso, credendo maggiormente in fortuna e raccomandazioni. La generazione ‘megastore’, infatti, sa bene che calciatori o veline non si diventa a 26 anni, dopo laurea e master. Il tempo stringe e a 14 anni bisogna almeno essere il campioncino della polisportiva di quartiere, o colei che merita il cubo in discoteca. Altrimenti meglio non illudersi.

Fretta di provare, di essere, di apparire. Al ritmo degli spot televisivi, che nella fascia oraria dedicata agli adolescenti durano meno di 20 secondi, ma sono ripetuti decine, centinaia di volte. Sempre uguali, ipnotizzanti. E, non a caso, l’84% degli intervistati, ma le femmine arrivano addirittura al 91%, dichiarano di desiderare le cose viste in pubblicità.

Ma quanta ne passa in sul piccolo schermo? L’ultimo monitoraggio effettuato dalla Sip nella fascia oraria cosiddetta protetta (15.30 - 18.30) sulla rete televisiva Italia 1, la più seguita dai giovanissimi, dà questi risultati: 47 gli spot per ora, per complessivi 15.36 minuti (oltre il 25% del tempo). Ognuno dura in media 20 secondi. Significa che guardare per due ore al giorno Italia 1 in quella fascia, in un anno equivale a vedere oltre 33.500 spot pubblicitari, di cui circa 5.200 con protagonisti alimenti. Nel 2000 erano 26.000 e nel 2004, 31.500.

Il tempo davanti alla tv di molti adolescenti supera di molto le due ore giornaliere. Il 25% di loro dichiara di guardarne più di tre. Percentuale che aumenta se si considerano solo i maschi (26,7%) o solo il sud (32,6%). Senza dimenticare che si tratta di un dato per difetto. I ragazzi, infatti, sono portati a indicare solo la quantità di tempo che le dedicano attivamente e non il totale dei minuti in cui la tv è accesa in casa e, seppur con minore attenzione, viene comunque seguita. Tanto è che, secondo i dati dell’indagine, a pranzo e cena ben l’87% delle famiglie ha la tv accesa.

Preoccupante anche l’atteggiamento dei giovanissimi davanti alle scene di violenza trasmesse. Il 64% si dice indifferente (24% delle femmine e 66,6% dei maschi), il che testimonia il crescente indice di assuefazione, che può portare a considerare la violenza normale e quindi a praticarla con sempre maggiore facilità. E non conforta certamente sapere che il 52,8% afferma di imitare i comportamenti dei personaggi televisivi preferiti. Prova fastidio, invece, il 17,8% dei maschi e il 38,5% delle femmine e paura il 3,8% dei maschi e il 12,2% delle femmine.

E se il 70% dichiara di giudicare negativamente un bullo (62% dei maschi), c’è anche un consistente 26,6% (32% dei maschi) che dice che se le prepotenze non è lui personalmente a subirle non ha nulla da eccepire su quei comportamenti. Senza contare che, tra gli adolescenti delle grandi città, c’è un pericoloso 4,7% che considera il bullo un tipo, o una tipa, in gamba.

Così come, seppure il 79% degli adolescenti intervistati dichiari che ‘fa la cosa giusta’ colui che denuncia ad un adulto un atto di bullismo subito, è aumentata, negli anni, la percentuale di chi considera questo comportamento da fifone o da spia.

Sul perché si faccia il bullo, al primo posto anche quest’anno c’è l’essere ammirato all’interno del gruppo di amici (lo sostiene l’82% dei maschi e l’86% delle femmine), quindi diventare il leader (77% dei maschi e 81% delle femmine), essere attraente. Insomma, per il loro immaginario, il bullo è un personaggio positivo, più ammirato che temuto. 

CI spiega la definizione di generazione 'megastore'?
“Perché la genericità, l’omologazione e la mediocrità dei centri commerciali che accerchiano le nostre città fotografa benissimo i loro giovanissimi frequentatori e clienti. Lo scorso anno, per un Comune della provincia di Milano, ho interpellato, attraverso la realizzazione di focus group, gli adolescenti della città per sapere cosa avrebbero gradito che il Comune realizzasse per venire incontro alle loro esigenze di aggregazione. Queste le risposte prevalenti: Un Mc Donald’s, un centro commerciale di sette piani, una discoteca, un capannone da affittare per fare le feste private. In uno dei focus group realizzati nell’ambito dell’indagine Sip sugli adolescenti, una delle partecipanti (13 anni) ha detto che il suo passatempo preferito era lo shopping".

Con quali soldi?
“La tradizionale paghetta sta scomparendo. Oggi i genitori sono una sorta di cassa continua. Saldano il debito di coscienza che sentono di avere con i propri figli, per il poco tempo dedicato loro, con il soddisfacimento di tutti i loro desideri materiali, attraverso una assoluta difesa di ufficio nelle querelle che si verificano con la scuola, attraverso la diluizione di qualunque regola. Credo che questa generazione megastore sia la prima generazione di adolescenti che in larghissima maggioranza, circa il 70%, non considera eccessive le regole che i genitori impongono. E c’è anche un 5% che le ritiene troppo blande. Un solo dato: il 58% va a dormire dalle 23 in poi”.

I genitori sono davvero così assenti come da anni andiamo ripetendo?
“A sentire i figli, no. Il 61% considera sufficiente il tempo che trascorre con loro e quel 24% che vorrebbe trascorrerne di più è in parte bilanciato da un 14% che dice di trascorrerne anche troppo. Forse è più un’assenza qualitativa che quantitativa, se la grande maggioranza degli adolescenti non si rivolge ai genitori per un aiuto o consiglio. I loro interlocutori privilegiati sono gli amici. Infatti si rivolge spesso a loro il 44,3% e il 57,2% delle femmine".

Come e con chi comunicano i giovani?
“Il gruppo dei pari è il riferimento principale, con cui essere costantemente in contatto. Innanzitutto attraverso gli Sms. Il 17%, 19,5% delle femmine, ne riceve più di venti al giorno. Nel 2004 era l’8%. Sms che stanno comunque lasciando il posto a strumenti più evoluti come gli Mms, attraverso i quali si riescono ad inviare foto e filmati. E dal filmato, da rivedere tra gli amici, a YouTube il passo è breve e quasi indispensabile per una generazione abituata a considerare importante solo ciò che è documentato e condiviso. L’incidente mortale occorso qualche settimana fa ad una giovane studentessa di Modena, immediatamente videofilmato dai suoi compagni di scuola e messo sui loro blog, è solo un esempio della galleria degli orrori a cui ci stanno abituando questi spietati Truffault in erba”.

Cosa c’è, tecnologie a parte, di veramente diverso rispetto al passato?
“Il desiderio di trasgredire, la provocazione, il senso di invincibilità e una buona dose di cinismo hanno sempre fatto parte del bagaglio comportamentale di un’età difficile e di transizione come l’adolescenza. Ciò che oggi sembra però cambiato in modo inquietante è la soglia della trasgressione, della provocazione, del cinismo. Lo spaccato che dà dell’adolescenza il recente libro ‘Ho 12 anni, faccio la cubista mi chiamano Principessa’ è angosciante. Il fenomeno descritto, reale e documentato, è sicuramente minoritario, ma non è allarmismo sostenere che, se non frenato sul nascere, possa velocemente dilagare". 

Questo fenomeno è legato anche al tema della sessualità. Avete qualche dato al riguardo?
"La nostra indagine non ha mai affrontato in modo diretto gli aspetti legati alla sessualità, ma i dati in nostro possesso non sono confortanti se si valutano alla luce di quanto compare nei forum in rete frequentati dagli adolescenti. Il 70,3% degli adolescenti afferma di avere, riguardo al sesso, tutte le informazioni che sono necessarie, ma il 73,6% riferisce di aver acquisito queste informazioni da amici e compagni di scuola. Mentre la mamma, ad esempio, è consultata dal 18,5% dei maschi e dal 36,6% delle femmine e va ancora peggio per il papà, informatore del 20% dei maschi e del 11,5% delle femmine”.

Perché gli adolescenti di oggi sono così?
“Una grande responsabilità si è sempre attribuita ai media, in particolare alla televisione, e ai modelli di riferimento che propongono e impongono agli adolescenti. Anche le nostre indagini hanno sempre confermato una evidente e negativa influenza della tv. Confrontando i comportamenti degli adolescenti che guardano meno di un'ora di tv al giorno con i comportamenti di chi la guarda per più di tre ore, ci troviamo di fronte a due realtà comportamentali differenti. Non ci sorprende che chi la guarda di più sia più influenzato dalla pubblicità, 92,2% vs 80,9%, o sia più spinto a imitare i comportamenti dei propri eroi televisivi, 64,1% vs 39,3%". 

Quale il nesso fra tv e alimentazione?
"Il tempo trascorso davanti alla tv è certamente correlato alle abitudini alimentari. Più tv si guarda, più si mangiano solo le cose che piacciono, 46,1% vs 26,4%, più aumenta nettamente il consumo di merendine confezionate, 25,8% vs 15,2%, mentre cala considerevolmente il già basso consumo di verdura, 23,4% vs 36%, e aumenta quello di dolci, 25,1% vs 20,2%, e salumi, 32,5% vs 27,5%. Naturale conseguenza è che più tv si guarda più si è insoddisfatti del proprio aspetto fisico. Vorrebbe essere più bello il 69,2% vs il 51,1% e più magro il 52,9% vs il 45,5%. Inoltre si fanno più diete: 24,4% vs 17,4%". 

Rispetto al bere?
"Anche in questo caso la correlazione è evidente: vino 41,7% vs 36%, birra 54,9% vs 39,9%, liquori 18,7% vs 12,3%). Ci si ubriaca di più, 13,9% vs 10,1%, si fumano più sigarette, 30,2% vs 20,8%, più canne, 5,3% vs 3,4%, più si considera accettabile prendere integratori o farmaci per migliorare le prestazioni sportive, 23,7% vs 16,9%, e si ritiene che la cosa più importante nello sport sia vincere, 14,9% vs 10,7%". 

La violenza?
"
Anche la frequenza con cui si fa a botte è proporzionale al tempo passato davanti alla tv, 54,9% tra chi la guarda più di tre ore vs 37,6% tra chi la guarda meno di una. Così come diminuisce il giudizio negativo su chi fa il bullo, 59,3% vs 78,1%. Aumentano la scelta dell’autodifesa nel caso si subisca una prepotenza, 59,7% vs 39,9%, e il giudizio negativo, spia o fifone, nei confronti di chi decide di riferire ad un adulto le prepotenze subite,  26,1% vs 16,9%. Cala nettamente, invece, la percezione del rischio e aumenta altrettanto nettamente la percentuale di chi assume comportamenti che considera rischiosi, 72,3% vs 56,2%. L’elenco potrebbe continuare a lungo”.

Insomma per voi è la tv la grande responsabile?
“Una responsabilità della tv nella formazione dei comportamenti adolescenziali c’è e noi lo abbiamo sempre sostenuto. Ma non è la sola. La latitanza dei genitori può portare gli adolescenti a prendere la televisione come modello di riferimento, facendo proprio il sistema valoriale proposto da essa. In parte è così, ma guardiamo un po’ noi stessi: guardiamo con un occhio un po’ più critico la nostra generazione che è proprio quella dei padri e delle madri delle adolescenti cubiste e degli adolescenti che filmano le ragazzine investite da un auto. Guardiamo i nostri comportamenti sul lavoro, negli affetti, nei consumi. Guardiamo alla società che abbiamo creato dove tutto o è estremo o non è. Dove non è ammesso perdere o, soltanto, essere secondi. Dove è meglio essere furbi che onesti". 

Quindi mancano esempi validi e punti di riferimento?
"Credo proprio di sì. Quale sistema valoriale, ammesso che abbiamo la voglia e il tempo per farlo, trasmettiamo ai nostri figli? Quanto è più sano di quello proposto dalla televisione? Non ci piaceva la famiglia prescrittiva in cui abbiamo vissuto ed è stato giusto cambiarla, ma non si può lasciare il vuoto. I dictat vanno sostituiti con l’esempio. Le figlie anoressiche sono tanto figlie delle modelle taglia 38 che delle mamme ossessionate da due chili di troppo. I figli bulli sono tanto figli della violenza televisiva che dei padri, eterni adolescenti, pronti a difenderli e giustificarli sempre e comunque. Abbiamo parlato di pubblicità televisiva. Una bella pubblicità che la Rai sta mandando in onda recita "Non vogliamo farti assomigliare alla televisione. Vogliamo una televisione che somigli a te". Ecco, non vorrei che così facendo peggiorassero le cose”.


 

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