La cultura in tempo di crisi rimane investimento efficace ma manca l'informazione
24/02/2012
Luci e qualche ombra emergono dai risultati della ricerca ‘instant’ condotta nei giorni scorsi da The Round Table e dall’istituto di ricerche Astarea in collaborazione con 24ORE Cultura sul tema ‘Cultura e comunicazione d’impresa, in tempo di crisi’. La ricerca, che è stata presentata ieri in occasione del summit ‘Arte e cultura’ organizzato dal Gruppo 24Ore, è la quarta edizione di un Osservatorio iniziato nel 2006, a cadenza biennale. Questo in un momento storico dove le istituzioni pubbliche centrali e locali spesso non riescono a garantire agli operatori culturali di qualità le risorse, non solo per lo sviluppo, ma per la sopravvivenza, ma anche in un contesto dove l’economia della cultura mostra invece di avere i numeri per rappresentare un driver per il paese.
Diventa così fondamentale il contributo che le imprese possono offrire alla cultura, non solo economico ma sempre più spesso anche in know-how, servizi, comunicazione, managerialità. La ricerca del 2012 è stata condotta con un metodo di tipo qualitativo, coinvolgendo un duplice panel: otto imprese hanno partecipato a un forum online di cinque giorni, sviluppato su quattro temi, quindici imprese e fondazioni erogative hanno risposto a interviste one-to-one attraverso un questionario di dieci domande. I contenuti più significativi emersi mostrano che le imprese che scelgono la cultura lo considerano nella grande maggioranza dei casi un investimento efficace. Per questo si cerca di mantenere stabili gli investimenti in comunicazione culturale e, in caso di decremento, questo accade nel contesto di tagli generalizzati tutti gli investimenti in marketing e comunicazione.
Per alcune aziende gli investimenti culturali sono diventati parte integrante di una strategia di medio-lungo termine che, a maggior ragione in tempi di crisi, non si vuole smantellare a detrimento dei benefici sociali e di reputazione che questa scelta comporta.
Sempre più spesso la cultura è occasione per affermare anche la propria cultura d’impresa e, quando possibile, le imprese vogliono partecipare a progetti culturali come partner, apportando contributi non solo economici ma professionali, di servizi, comunicazione, affermando un ruolo peculiare e distintivo nell’interesse del progetto medesimo. Chi invece non investe in cultura è perché la considera un territorio valoriale incoerente con le proprie specificità aziendali e di prodotto o non ritiene la cultura adeguata alla relazione con i propri focus target di riferimento o perché non ravvisa numeri sufficienti a garantire il ritorno sugli investimenti.
Inoltre, la cultura è considerata una modalità di comunicazione multitarget, capace di coinvolgere stampa e opinion leader (il primo pubblico-obiettivo) ma in misura significativa i clienti B2C e i consumatori, i clienti B2B, gli stakeholder del territorio, i dipendenti e i collaboratori, oltre che l’opinione pubblica in genere. Per questo motivo le imprese invitano gli operatori culturali ad acquisire e fornire informazioni più dettagliate sulle caratteristiche dei propri pubblici di riferimento. Le sempre più frequenti politiche di csr delle imprese rappresentano per la cultura una importante opportunità, che si è concretizzata in questi termini solo recentemente.
Altrettanto forte è la dinamica con cui l’impresa attraverso la cultura rafforza il rapporto con i propri territori di riferimento. Questo riguarda ogni tipo di azienda. Gli stake-holder e l’opinione pubblica del territorio, dipendenti e collaboratori, sono in questo caso i primi beneficiari di interventi che puntano a mostrare con i fatti la volontà e la capacità dell’Impresa di investire in un sistema di valori positivi condivisi dalla collettività.
In generale, comunque, le scelte vengono operate da un lato considerando ciò che viene percepito come importante per il territorio e, dall’altro, misurando affidabilità, reputazione e qualità della relazione assicurati dall’operatore culturale. La pianificabilità e la misurazione dei risultati degli investimenti in cultura continua a rappresentare un tema di primaria importanza per le imprese.
Si lamenta però che le informazioni utili a conoscere le opportunità offerte dal mercato della cultura siano frammentarie, non organizzate, e gli stessi operatori culturali spesso poco preparati per fornire stimoli nella misura più adeguata.
Viene loro richiesto di dare indicazioni utili sui pubblici, esiti dell’attività culturale e suo impatto sociale e di comunicazione. Lo stesso dicasi per la misurazione del ritorno sugli investimenti culturali. Opinione diffusa è che siano misurabili, ma solo parzialmente e con modalità ormai inadeguate (le presenze all’evento, la rassegna stampa, la visibilità del marchio), mentre i nuovi criteri dovrebbero essere più mirati, come il feedback dell’esperienza dei partecipanti.
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