Cdp, quante chiuderanno? Qualità, efficienza e redditività per sopravvivere nonostante il mercato
11/01/2012
Di ieri la notizia che New Partners cessa l’attività sopraffatta dalla crisi e dalla conseguente riduzione del numero di nuove produzioni di spot. Ma anche impotente verso un mercato sempre più selvaggio e competitivo, come spiegato dal fondatore Luca Ciarla. E per le altre quale sarà il destino? A rischio sono solo le cdp di medie dimensioni o nessuna è esente? Quale, se esiste, la formula vincente per la sopravvivenza? Lo abbiamo chiesto a Giorgio Marino, presidente della storica Filmmaster, e Luca Giberna, co-fondatore di Blowupfilm insieme a Desirèe Castelli, nata due anni fa quando i presupposti già non erano dei più felici. Ma anche a Pino Rozzi, in qualità di consigliere AssoComunicazione Creatività e Premi. Perché le idee che nascono devono essere realizzate, facendo i conti con il budget a disposizione. E voi come la pensate? Scrivetelo a redazione@youmark.it.
Giorgio Marino, Filmmaster
Un comunicato triste, pieno di amarezza e di lucidità, di visione e di analisi del nostro mercato e per di più la dichiarazione di un professionista 'antico', serio, capace e a capo di una struttura agile ed efficiente.
Dove sta il veleno? Il veleno sta nell’assenza di anticorpi di cui non ci siamo dotati nel tempo e che oggi non ci dà l’immunità da tutti i virus in circolazione (dumping ossessivi, sotterfugi, amicizie, parentele, protettori, gare finte e …mi fermo qui).
Siamo deboli e timorosi di far valere la nostra professionalità: elemento indispensabile per ottenere rispetto e fiducia. Siamo assolutamente incapaci di esibire in modo serio ed incisivo il nostro mestiere, indispensabile per traghettare il mondo delle idee sugli schermi a cui sono destinate. In altri mercati per esempio e, addirittura in Brasile, ci pensa lo Stato con leggi e regole che proteggono le società di produzione e la loro crescita, quale patrimonio nazionale.
In Italia è l’opposto, leggi regole e consuetudini sembrano fatte per rappresentare un ostacolo. Se poi aggiungiamo il nostro provincialismo che ci spinge a favorire sempre talenti e strutture internazionali il processo di crescita è ancora più critico. Senza investimenti è paralisi. E’ una beffa se si pensa che nel nostro mercato ci sono aziende che come la nostra investono capitali privati e utili per produrre crescita e processi di attualizzazione delle risorse nei limiti delle finanze a disposizione. Ai fratelli Ciarla tanta stima e un pizzico di rimpianto nell’aver perso un concorrente leale ma soprattutto un augurio di reinserimento in tempi brevi.
Luca Giberna, Blowupfilm
Quello che è accaduto alla New Partners di Luca Ciarla è il risultato di un mercato povero e asfittico, non remunerativo del lavoro che fa una casa di produzione. Un mercato in cui oggi strutture medie o grandi fanno fatica a sopravvivere, perché la profittabilità è sempre più difficile quando ci sono significativi costi fissi.
Per questo sono sempre più convinto che noi abbiamo fatto la scelta giusta e cioè quella di essere snelli e professionali, con le competenze che vengono di volta in volta aggregate a seconda delle necessità. Perché le dimensioni, soprattutto oggi, non sono indice di qualità. Con la crisi internazionale in atto credo che entro fine anno altri nodi verranno al pettine. Anche perché chi è esposto con le banche avrà sempre più difficoltà ad andare avanti.
Pino Rozzi, 1861united - consigliere AssoComunicazione Creatività e Premi
E’ il risultato del lento e inesorabile declino della qualità. Le aziende pensano di poter risparmiare su tutto, anche sulla produzione. Ma il consumatore è un giudice molto severo che dagli spot si aspetta una resa cinematografica. E’ il grande schermo il benchmark di riferimento. Quello che vede viene associato al prodotto che si deve vendere e se la realizzazione è scarsa, questo ricadrà negativamente su quanto pubblicizzato.
Mai come ultimamente i break pubblicitari mi sembrano un museo degli orrori. La nostra comunicazione ha toccato una qualità estetica veramente bassa. Da sempre sono invece convinto, parlando di spot tv, che la realizzazione pesa per il 51%, il resto è appannaggio dell'idea. Internet e Youtube hanno partorito soprattutto nel nostro mercato un grande misunderstanding, generando nei clienti l’idea che si può produrre anche a basso costo, tanto è lo stesso.
Invece non è proprio così. Un conto è l’engagement, un conto vendere. Tanto è vero che all’estero, anche per la rete, ci sono investimenti produttivi ingenti. Pensiamo solo a quanto fatto da Nike con l’operazione ‘Ritorno al futuro’ o da Old Spice con una campagna web che ha addirittura vinto il Grand Prix a Cannes 2010 e su cui non si sono certo lesinati gli investimenti per la produzione. Ecco perché io e Roberto (Battaglia, ndr) chiediamo sempre quanti soldi abbiamo a disposizione per realizzare un’idea. Condiziona la creatività. E purtroppo oggi i soldi a disposizione sono sempre meno.
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