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Il Nokia flagshipstore, Mexico City
Il parallelepipedo rosa di Paul Smith, Los Angeles
Lo stabile Tod's a Tokyo
L'Everland Hotel, Lipsia
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Retail, il media per tutti

26/11/2007

Il punto vendita è il mass media per eccellenza. La sua importanza ha finito per trasformare le ‘P’ del marketing, oggi persone, posti, pensieri e progetti. Ma è anche un’altra la lettera che segna la trasformazione. E' la ‘R’ di responsabilità, reciprocità, riconoscimento, rilevanza, risonanza e rispetto. In un rapporto sempre più stretto con le dinamiche esperenziali, sintetizzate dalle dimensioni: sense, feel, think, act and relate. Lo dice l’ultimo workshop Future Concept Lab, focalizzato sui trend della distribuzione.

Insomma, sempre più terreno di scambio e conoscenza, e sempre meno di vendita tradizionale. Il punto vendita deve saper racchiudere il dna del brand, catalizzando esperienze ed energie, sorprendendo. In una nuova interpretazione del concetto di territorio, oggi elemento chiave, espressione di ‘cittadinanza’, appartenenza. Non a caso il nuovo cliente è un cliente cittadino. Dunque finisce l’era della distribuzione come presenza fine a se stessa, lasciando spazio alla necessità di coniugare nel punto vendita le caratteristiche culturali del luogo, in un inedito senso di responsabilità. Di qui la definizione di nuove segmentazioni che partono dai valori attraverso i quali le insegne della distribuzione dovranno definire il loro posizionamento.

Ma non basta. La reciprocità, infatti, diventa il nuovo tramite per la fidelizzazione. Sull’esempio di social network quali Yutube e MySpace, anche il punto vendita si trasforma in luogo di interscambio e di condivisione creativa. Al punto di guardare lontano, in sintonia con l’amministrazione pubblica del luogo di appartenenza, fornendo al cittadino cliente chiavi di lettura per riconoscerne il ‘pensiero’, in un rapporto di partnership quotidiana.

Il che non significa omologazione, perchè le esperienze d’acquisto diventino rilevanti, infatti, occorre puntare sulla propria unicità, seppur all’interno di un quadro condiviso, esaltando l’emozionalità del luogo, dell’esperienza, della partecipazione proposta. Puntando sulla capacità di creare risonanza. Dunque tam tam, passaparola, interesse condiviso, da condividere. Il tutto con grande rispetto dell’intelligenza e sensibilità del nuovo cittadino cliente. Anche perché, se qualche anno fa tutti eravamo più disposti a ‘provare’ con maggiore compiacenza, oggi il giudizio è diventato implacabile, non consentendo repliche di recupero. All’azienda che sbaglia difficilmente viene data una seconda opportunità. Ed è ancora più vero nei giovani, il cui pensiero binario porta immediatamente a dividere le cose tra ‘in’ e ‘out’.

Così la nuova visione strategica del retail si sviluppa attraverso passaggi chiave. Da mercato della separazione, in cui la relazione tra produttore e consumatore era nettamente distinta, a quello della condivisione, con relazione diretta tra venditore e acquirente. Da commercio evento, puntando tutto sul momento dell’acquisto, a commercio come insieme di eventi. Dall’esperienza di prezzo, con le logiche discount a definire il perché delle scelte, al valore dell’esperienza, che continua a guardare al prezzo, ma con il divertimento di ricercare l’affare. Dalla vendita di uno stile, o total look che dir si voglia, a uno stile di vendita, dunque negozio come territorio esplorativo dove trovare combinazioni creative. Da occasione di acquisto, con organizzazione razionale per categorie di prodotto, a vendita di un’occasione, legata alla principale linea di prodotti. Decade anche la separazione tra mondo reale e virtuale, a favore di un’integrazione che vede nel web e nell’e commerce un’opportunità aggiuntiva e di completamento, non l’elemento di crisi della fisicità del punto vendita.

Il tutto definendo 8  tendenze, ognuna interpretabile secondo due differenti dimensioni.

Brand expression, ossia punti vendita che raccontano la marca. Come ‘casa’, ne è esempio l’atelier Renault di Parigi; l’Apple store di Ney York; la Nike House di Buenos Aires; la Galeria Melissa di San Paolo, azienda brasiliana produttrice di ciabattine in plastica divenute oggetti cult nella riscoperta delle loro differenti possibilità d’uso, persino da sera con il tacco, e nelle infinite varianti colore. O come ‘architectural landmark’, un lasciare il segno che non è più colonizzazione del territorio, ma volontà di divenire significanti, collegando il proprio essere all’estetica della città, come ha fatto il negozio Prada aperto nel 2001 a New York; o quello Tod’s di Tokyo;  o la boutique di Paul Smith a Los Angeles.

Unespected link, inteso o come negozio della sorpresa (Dover Street market di Londra;  The Hairdressers di Hong Kong, spazio eclettico, con diversi servizi, dal piercing alla vendita di oggetti di desing, in un ambiente poliedrico che gioca con stili di epoche diverse, dagli anni ’60, alla tradizione cinese, così da soddisfare i diversi target di clienti), o come sorpresa del territorio, con il fenomeno dei temporary store, dei pop up a fare da padrone, come succede per l’Everland Hotel, albergo itinerante di Lipsia, con un’unica stanza king size ricca di tutti i confort, dalla piscina a internet.  In ogni caso si lavora sul potere del coinvolgimento e del divertimento. Flessibilità e anticipazione delle aspettative, lasciando al consumatore il ruolo di ricercatore, di cacciatore di tendenze, capace di combinare in modo unico e creativo prodotti globali.

Simple Sample, ovvero creatività accessibile, di cui Zara o H&M sono emblema, e fascinazione per la velocità del servizio, come nel caso della spagnola Corporaciòn Dermoestètica, o di The Easy market, logica commerciale inventata dall’armatore Stelios Haji-Ioannou con proposte alternative di consumo. Insomma, parliamo di una semplicità originale, unita alla funzionalità del servizio e al facile accesso ai prodotti. Layout che puntano sulla chiarezza esplicativa e sulla praticità, magari creando servizi speciali per le diverse occasioni.

Selective sensitivities, cioè scelta attraverso la sensibilità - per esempio il Club Chocolate San Paolo, rappresenta la nuova generazione dei concept store, con scelte che sono culturali prima che estetiche, in un ambiente che dà spazio a elementi tropicali e materiali contemporanei; o lo Spazio Rossana Orlandi, Milano, arredato come la stessa casa della Orlandi, con piccole stanze a definire singoli e differenziati empori, creando nuove tendenze - o sensibilità attraverso la scelta. E' il caso di 'excellence scouting',  blog creato dai cool hunter del lusso, diventato punto di riferimento, anche perché l'osservatorio funziona come un catalogo di moda dove ognuno può selezionare la propria preferenza: www.thestartorialist.com  ; www.street-fashion.ru/  ; http://www.lookatme.ru/  ; http://visionsofwarsaw.blogspot.com/  . 
Questa tendenza, dunque, parla del nuovo lusso. Che nei mercati emergenti significa possesso ed esibizione, in quelli ‘avanzati’, personalizzazione. In entrambi, comunque, diventa rilevante il servizio su misura, con l’opportunità di influire direttamente sul prodotto finale.

Convivial connection, sia essa reale che virtuale, come dimostrano esempi quali il Metreon Sony Urban Centre, Usa; il Nokia flagshipstore, Mexico City. Ma anche e-bay; Meta Cafè; Second Life;  MySpace.

Proactive Proximity, cioè localizzazione del globale e globalizzazione del locale. Dunque la proposta delle logiche dei mercati tradizionali anche all’interno dei grandi spazi commerciali, unitamente alla ripresa di forza dei negozi di prossimità, che in molti casi diventano brand, come dimostrano il mercatino di Forte dei Marmi e il The Borough Market di Londra.

Club cultures, significando la permeabilità tra le due dimensioni, con i club che si fanno luoghi di commercio (Circe Club di Milano) e i punti vendita che diventano club (Hard Rock Cafè; Barber Shop, Rio de Janeiro, con l’atmosfera dei negozi degli anni ’50, che alla sera si trasforma in cigar & whiskey bar).

Exprerimental & archetypical, i consumatori  diventano produttori - Pottery caffè, Londra; Kitchen, Milano; Imagina, Barcellona, ristorante con all’interno set di presentazione dei diversi cibi e condimenti, invitando a creare il proprio menù - e il negozio si trasforma in collettore creativo. Vedi gli esempi di Gas, Italia, gruppi di acquisto solidale, per la fornitura di prodotti locali di qualità, con provenienza garantita. Ogni Gas è formato da un gruppo di consumatori che cooperano in nome di un condiviso bisogno di sostenibilità ; Otop, Tailandia, acronimo di one district one product, progetto sovvenzionato dal governo per lo sviluppo delle comunità locali, divenuto poi brand, creando un mercato ai prodotti locali di alta qualità ; Vaho ‘Trashion’ Gallery, Barcellona, dunque prodotti riciclati reinterpretati in modo intelligente, attraverso una nuova identità artistica, dalle borse ai mobili, dall’oggettistica all’abbigliamento.

 

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