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Forse nascerà la Federazione della Comunicazione. Guarda caso, anche qui c’entra Berlusconi

19/05/2011

Ormai chiamato in causa ovunque, nel bene e nel male. Figuriamoci se non l’avrebbe fatto la comunicazione, che da sempre addita lui quale accentratore di un super potere che ha paralizzato lo sviluppo del sistema italiano. Tanto che oggi, per i molti ai quali sembra finalmente avverarsi la chimera del suo declino, è giunta l’ora di alzare il capo. Insomma, tra le ragioni della favorevole congiuntura pro Federazione della Comunicazione ci starebbe pure il passaggio dall’iper rappresentazione grazie a lui avuta, all’ipo, tanto da spingere il settore a fare finalmente da sé (ascolta l’intervista rilasciata da Diego Masi a youmark). Così, ieri a Milano, è stata (se ne era parlato in più occasioni, tra cui la giornata degli Stati generali di AssoComunicazione lo scorso novembre) ufficializzata la nascita del Comitato Costituente della Federazione della Comunicazione Italiana. 

Presidente Diego Masi. Che non si dimette anzitempo (il suo mandato scadrà a dicembre e ha già detto no alla ricandidatura) dall’omonima carica in AssoComunicazione, ma semplicemente propone di anticipare di due mesi la campagna elettorale e la conseguente elezione del suo successore (peraltro ha avvisato che per la nuova Governance, in presentazione il prossimo 9 giugno, sarà possibile un solo mandato di 4 anni, con verifica dopo i primi 2), così da fare il tutto a ottobre, senza entrare in conflitto con i lavori del neonato Comitato Costituente della Federazione della Comunicazione Italiana, che ha indicato nel 12 dicembre di quest’anno la data per tirare le somme

Ma entriamo nel vivo della questione. Il Comitato suddetto non è la Federazione, ma un gruppo di lavoro (contempla 12 promotori provenienti dalle tre associazioni che lo costituiscono. Per AssoComunicazione: Diego Masi, Rossella Sobrero, Peter Grosser, Eugenio Bona. Per Assorel: Beppe Facchetti, Filomena Rosato, Andrea Cornelli, Diego Biasi. Per Unicom: Lorenzo Strona, Donatella Consolandi, Alessandro Colesanti, Alessandro Ubertis) teso in primo luogo a identificare in quale forma la Federazione avrà senso di esistere

Lasciando intendere che si potrebbe finire con un nulla di fatto, poichè l’intento è creare qualche cosa di effettivamente utile al mercato (obiettivi: area contrattuale, quello collettivo a firma Assolombarda non convince il comparto; area del pubblico, cercando di portare gli investimenti della Pubblica Amministrzione sulla media degli altri paesi che per l’advertising classico parlano di 3-4% contro il nostro 1,4%; area culturale, diffondendo in Confindustria la convinzione che comunicare fa bene al business). 

Ma se su ciò tutti concordano (ricordiamo che le tre associazioni fanno parte di Confindustria, seppure AssoComunicazione e Assorel attraverso Confindustria Servizi Innovativi e Tecnologici, e guardano dritto al potenziale delle 141.000 aziende consociate che non investono in comunicazione, contro le appena mille che lo fanno), non altrettanto sembra succedere nei modi. Identificando tre possibili modelli di partenza (ma non si esclude possano emergere soluzioni alternative). 

Quello integrato. Che piace tanto a Lorenzo Strona (per lui non hanno senso tre differenti corpi in rappresentanza di appena 370 imprese, tante sono le realtà della comunicazione implicate, 160 in AssoComunicazione, altrettante in Unicom, 50 in Assorel) e che implicherebbe la scomparsa delle tre singole identità individuali, per confluire tutte in una Federazione con potere di rappresentanza, dunque non in ottica sussidiaria. 

E i due federativi. Ristretto, ove vi sia rappresentanza di interessi, seppur in via sussidiaria rispetto alle associazioni ‘madri’ che continuerebbero a perseguire i loro scopi. Allargato, se il senso è diffondere cultura, facendo massa  critica. Il che implica apertura anche a realtà non così simili, ma certamente inerenti, come Aidim, Iab, sino agli albi professionali.

 

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