Alice Avallone, non convenzionale per scelta creativa
06/11/2007
Alice è nata il 15 dicembre 1984 ad Asti. Nel 2004 fotografava di nascosto i passeggeri dei treni e li raccontava su Visioni Binarie. Tre anni dopo, apre il primo supermercato di soluzioni in carne ed ossa, Katahomo. Poi inizia a collezionare premi, da Scrittura Mutante (sia nel 2005 sia nel 2007) a DonnaèWeb (2006), all'Econtent Award Young Talent a Milano in Digitale (2007). Di lei dicono che sia un'esperta di comunicazione non convenzionale e new media e che nel tempo libero frequenti l'Istituto Europeo di Design di Torino.
A youmark racconta che…
Cosa significa essere creativi oggi?
"Ha lo stesso significato di ieri: creare il nuovo collegando ingredienti diversi tra loro. Cambiano solo i modi di cucinarli tra loro, ma non la sostanza".
Sicuramente una vocazione la tua, ma è anche business? Quale è il
tuo modello?
"Le Lezioni Americane di Italo Calvino: leggerezza, rapidità, esattezza, visibilità e molteplicità".
Cosa pensi della comunicazione contemporanea?
"Penso che l'avvento dei new media abbia legittimato tutti a fare comunicazione. Questo, generalizzando, ha un pro, la massima diffusione dei messaggi, e un contro: l'abbondanza di ciarlatani, che non hanno alcuna predisposizione innata per la materia".
Esiste un'agenzia, un pubblicitario, un brand che ammiri?
"Apple e illy Caffè sono due brand che ammiro molto. Come ammiro geni come Oliviero Toscani. Pulizia, chiarezza, riconoscibilità e semplicità del linguaggio. Studio a fondo tutte quelle persone che, nei loro rispettivi ambiti d'azione, hanno fatto di se stessi un marchio, un vero e proprio brand".
Cosa manca alla creatività italiana. Coraggio, soldi, idee, abilità? O che altro?
"Manca il coraggio di staccarsi da un'esagerata esterofilia, che spinge l'Italia a scimmiottare gli altri paesi, senza mettere in piedi nulla di caratteristico ed unico, come poteva essere Carosello".
Il paese dove ti potresti immediatamente trasferire?
"Nessun paese! Non voglio andare via dall'Italia. Il nostro paese è parecchio indietro, ha bisogno di folate di freschezza, e solo i giovani possono tentare di darla. E' molto complicato farsi accogliere, ma è necessario provarci".
Come ti è venuta l'idea di 'vendere' persone in carne ed ossa?
"Nasce per gioco un anno fa: ho fotografato mia sorella e l'ho messa in vendita. Poi è stata la volta di parenti ed amici. Dopo pochi giorni, ho fondato Katahomo, il mio supermercato virtuale di carne e ossa. La fonte di ispirazione è chiara: i notissimi cataloghi Ikea. Katahomo non è altro che un divertissement per sdrammatizzare le nostre etichette, che ci incasellano e ci catalogano ogni giorno".
Credi nella rivoluzione internet?
"Non percepisco internet come una vera e propria rivoluzione, semplicemente perché con questo mezzo di comunicazione ci sono nata".
Ci racconti il progetto a cui stai lavorando?
"Sto seguendo il lancio della campagna virale di Katahomo. Sono tre spot che stanno facendo il giro del mondo, e ripresi anche dal telegiornale della più importante televisione cinese una decina di giorni fa. Sto iniziando a collaborare con il regista di questi spot, Alessio Fava, su un secondo progetto, ma è ancora ovviamente tutto top secret. In scadenza invece, il progetto di comunicazione per il libro 'Tasca di Pietra' di Matteo De Simone, edito da Zandegù Editore: una copertina totalmente bianca da disegnare, il bando scade il 15 dicembre 2007 ed è su www.tascadipietra.it ".
Quali gli spunti più interessanti colti all'ultimo Festival della Creatività di Firenze?
"Ha deluso le mie aspettative. Pochissime idee originali, quasi niente sul digitale e molta, troppa, istituzione. Per quanto riguarda la mia esperienza diretta, ho partecipato alla sezione Your Festival, ho trovato anche un'organizzazione per niente attenta alle esigenze dei singoli partecipanti. In un evento di così grande portata, che si avvale della presenza di grandi nomi, tra cui premi Nobel, grandi musicisti, creativi di fama internazionale, patrocinato da istituzioni pubbliche e grandi sponsor, realizzato in una grande città storicamente patria dell'arte e sede del turismo artistico internazionale, al minimo ci si aspetta un trattamento all'altezza per i giovanissimi. E invece".
Il problema di un 'Italia vecchia' nasce dalla difficoltà per i giovani di emergere o piuttosto dalla scarsità di giovani in grado di emergere?
"Giovani talentuosi ce ne sono parecchi. Purtroppo, al giorno d'oggi, se non si ha un forte spirito 'imprenditoriale', come ad esempio partecipare a concorsi, trovarsi location per le mostre, promuoversi come freelance, richiamare l'attenzione dei media, ricavarsi spazi su internet, e così via, farsi notare è davvero complicato. Ma sono ottimista: la nostra, parlo di chi è nato negli anni '80, è una generazione forte".
Ha ancora senso l'età anagrafica?
"No, nessun senso. E' solo questione di elasticità di pensiero, intuizione, spontaneità. Ci si nasce e non ci si può inventare".
Un creativo invecchia, o meglio, la creatività invecchia irrimediabilmente?
"Se è buona creatività, buon senso e buon gusto, no".
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