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Oggi l'editoriale lo scrivo io/ Taddeucci - Quanto conta essere felici per generare belle idee?

15/11/2010

Mi sono spesso chiesto di che umore fosse David Droga quando ha creato la campagna della patatina-fiammifero, la sua prima bella idea a schiudergli le porte del paradiso. Era felice o triste? Le belle idee, nel nostro lavoro, arrivano anche quando sei depresso come accade nella musica, nell’arte, nella letteratura? Emily Dickinson, Nick Drake, Giacomo Leopardi, facevano della loro infelicità una scintilla creativa, ma nelle fabbriche delle idee le cose vanno diversamente. Non a caso aziende come la Pixar, o Google, o American Apparel (non a caso tutte straniere), sanno bene che avere dipendenti felici è fondamentale. 

E’stato provato che ambienti particolarmente euforici o anche semplicemente gradevoli, abbiano contribuito non poco alla nascita di 'movimenti' creativi, o di annate particolarmente fortunate per le agenzie in grado di crearli. Il saggio intitolato 'The Happiness Hypotesis', sembra parli proprio di questo: del resto non è un mistero che in tutti i campi i dipendenti felici producano più reddito, e aumentino la competitività. 

Ma come fare a essere felici nelle agenzie italiane oggi che mancano i numeri e tutti sono sempre più sotto (de)pressione? Anche da noi, da quello che si osserva e si sente dire, gli ambienti creativi felici ancora persistono in poche fortunate agenzie, e quasi sempre, per forza di cose, si tratta di agenzie in crescita economica. Ecco anche perché chi va bene va sempre meglio, e chi va male va sempre peggio: le famose onde lunghe, positive o negative, che trascinano le agenzie per mesi o anche anni dipendono anche dal grado di felicità interno. 

Se io fossi un giovane creativo, e fossi nella facoltà di scegliere dove lavorare, porterei prima il mio naso e la mia pancia a fare un giro nei corridoi dei luoghi che mi stanno offrendo il lavoro, e valuterei in base alla felicità che si respira nei corridoi. Questo sempre se potessi scegliere, dunque parliamo di utopia. 

A maggior ragione farei lo stesso se fossi un cliente in cerca di un’agenzia: nei luoghi dove regna la tristezza il turnover è impressionante, e difficilmente si può costruire una buona comunicazione per la marca. Creare un ambiente di lavoro piacevole e positivo è possibile anche quando le cose vanno male. In questo la cosiddetta 'base' ha un ruolo determinante, ma è soprattutto chi guida (anche creativamente) le agenzie che deve pensarci: evitando eccessive pressioni, troppo stress, favorendo il più possibile un ambiente informale. 

Sdrammatizzare i momenti drammatici. E’ una dote di grande valore, a mio parere tra le due o tre doti principali da richiedere a un bravo manager. Credo che specie i direttori creativi possano e debbano fare molto per questo. Gettare ansia tra i creativi è il modo migliore per non ottenere nulla da loro, ad esempio. La leggerezza conduce sempre, per forza di cose, a maggiore felicità e quindi a risultati migliori e idee più libere. 

Francesco Taddeucci, creative director Lowe Pirella Fronzoni

 

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