Visual mag: nell’era dell’interattività padrona, la carta rende feticcio l’oggetto
21/10/2010
A forma di scarpa, portafoglio o grembiule. Dai colori che cambiano al sole, o pieni di fotografie d’impatto. Artistici, sperimentali, provocatori. Sono i visual magazine, punte avanzate della sperimentazione nell’editoria e nella comunicazione esperienziale. E non si sentono per nulla superati. Anzi, a dispetto di chi l’avesse potuto pensare, a Roma celebrano il loro successo. Grazie alla seconda edizione di Belvedere_International Visual magazine + Art Book Fefèstival (appuntamento biennale dedicato all’editoria creativa dei visual magazine, che si svolge dal 21 al 23 ottobre), ma soprattutto alla fedeltà di lettori di nicchia, specie internazionali.
Se all’aeroporto di Tokio ci scappasse la pipì, c’è un unico modo per soddisfarsi, riconoscere il pittogramma del bagno, uomo e donna. Un simbolo universale, che fa casa, ovunque. E’ la forza interculturale dell’immagine, capace di veicolare messaggi poliglotta, leggibili da qualsiasi lingua e nazionalità.
Non a caso, la volontà di dedicarle un festival. Una tre giorni, per sfogliare e studiare le migliori pubblicazioni italiane e internazionali, in collaborazione con l’Istituto Europeo di Design di Roma. Protagonisti i prodotti editoriali al top del linguaggio visivo della contemporaneità, spaziando dalla grafica alla fotografia, dalla urban art alla pubblicità.
Un’iniziativa nata due anni fa, alla luce del Fefè Project di cui Luigi Vernieri, fu ideatore. Oggi è direttore artistico del Belvedere_International Visual magazine + Art Book Fefèstival, nonché direttore Ied Arti Visive Roma. Youmark lo ha incontrato per capire.
“Quest’anno la tendenza parla di linguaggio, così come l’uso della forma e del contenitore in modo mutevole. Ad esempio, vi sono riviste che cambiano formato ad ogni numero e i diversi volumi diventano oggetti di design. Così il caso di una pubblicazione spagnola trasformata in scarpa da ginnastica con nel plantare una quarantina di fogli sagomati, equivalenti ai numeri della rivista, ma anche in grembiule jeans con otto tasche o ancora in portafoglio con diversi biglietti da visita”.
Qual è il significato profondo, il messaggio di tale camaleontica abilità?
“Forse la voglia di salvare la carta stampata, affermando la sua vitalità e l’indipendenza produttiva rispetto alla comunicazione digitale. Se l’interattività è diventata padrona della nostra era, a chi opera con la carta non resta che rendere feticcio l’oggetto”
Una ricerca di nuovo ed attuale valore, dunque, ma come?
“La carta deve sperimentare. Il numero di ‘Visionaire’, titolato ‘Solar’, ha reso la pagina della rivista come se fosse stata esposta alla luce del sole, facendole cambiare colore. Un tentativo di trasferire l’interattività su carta. L’oggetto diventa tattile, da odorare, addirittura da ‘aprire’. Tra i libri, ce n’è uno che raccoglie i lavori di centinaia di designer. Le sue pagine sono tutte chiuse e prefustellate, si vede solo il ritratto e il testo dell’artista. Per visionarne i lavori occorre strappare la pagine ed aprirle. E’ la così detta lettura esperienziale”
Ma non è che le immagini possano apparire scorciatoia narrativa, risposta alla carenza di testi?
“L’immagine è sintesi della realtà, è più efficace del testo. Non è scorciatoia e nemmeno scelta snobistica nei confronti del testo. E’ semplicemente efficace e sintetica. Non a caso, l’hanno fatta propria il linguaggio del marketing e della pubblicità. E’ parodia della nostra società. Sfogliando le pagine di un visual mag ognuno può leggersi. ecco perché si tratta di genere editoriale lungi dal tramonto”.
Dal nostro corrispondente su Roma Francesca Mautone
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