Delfino/Ogilvy: la nuova adv deve rendere il mondo migliore. Non costruite campagne per i premi
21/10/2010
Che se si vincono deve essere con lavori autentici, senza sfruttare l’espediente ‘facile’ dei grandi temi sociali. Invitando tutto il comparto a una riflessione. Che gli stessi consumatori hanno voluto. Con la conclusione di abbandonare la via dello shock, della pornografia pubblicitaria (non significa rinunciare all’impatto, anzi, la creatività deve comunque svolgere il suo ruolo di far fare lo scatto alla comunicazione), in nome del risultato, della sincerità, della verità. Insomma, della rilevanza. Indipendentemente sia in gioco un’associazione senza fini di lucro o una multinazionale. Perché il concetto non cambia. Trasformando simili percorsi virtuosi, da casi a modelli.
Come dimostra questa campagna Aba, associazione per lo studio e la ricerca sull’anoressia, la bulimia, l’obesità e i disordini alimentari, tutta dedicata ai venti anni di successi dalla stessa associazione ottenuti nell’arco della sua vita. Nobilitando il ruolo del testimonial. Che qui hanno coraggiosamente scelto di interpretare tre protagoniste vere, a loro tempo vittime del disagio da disturbi alimentari. Le vediamo in affissione a Milano, ricercando la campagna ulteriori pagine stampa da cui sensibilizzare. Ma non solo. Perché è già in rete lo spot, cui ovviamente piacerebbe trovare spazio anche nella tv, così come nel web si è agito coinvolgendo Twitter. Dallo scorso marzo, ogni giorno, sono stati pubblicati i messaggi di ringraziamento rivolti all’Aba. Frasi in140 caratteri per dire al mondo che si può guarire. Ecco perché per Ogilvy è questo il modo giusto per fare la pubblicità.
Come a youmark racconta Guerino Delfino, ceo e chairman Gruppo Ogilvy Italia, in occasione, appunto, della conferenza stampa per i venti anni di Aba. Incontro che ha visto la fondatrice e presidente Fabiola De Clercq (è stata pubblicata da Bompiani la nuova edizione del libro ‘Tutto il pane del mondo’, arricchito del poscritto firmato dalla De Clercq e da sua figlia Marzia, che all’epoca della prima edizione aveva solo un anno. Era il 1991 e 12 mesi dopo Fabiola fondava l’Aba) riportare l’attenzione sugli allarmanti dati del problema.
Ogni due ore un italiano si ammala di questi disturbi, creando un popolo di 3 milioni di persone, di cui 2 donne, ma coinvolgendo oggi anche i maschi. Allargando pure alle 40 enni (seppur è tra le giovani che si diffonde di più. Il 5% delle ragazze tra i 13 e 15 anni soffre di anoressia, bulimia. Come dice la stessa De Clercq, infatti, l’anoressia non è altro che il tentativo di tenere a bada la bulimia ed entrambe, così come la droga, il cui uso non a caso sempre più spesso si accompagna a questi disturbi, sono soluzioni, ma sbagliate).
Di qui la necessità di prevenire, cuare, guarire. Di dare un messaggio positivo, di speranza. Perché voltare pagina e iniziare a vivere si può. Plaudendo all’operato del Comune di Milano e soprattutto all’impegno dell’assessore alla Salute Giampaolo Landi di Chiavenna. Grazie al suo intervento, infatti, la campagna Ogilvy sarà in affissione in tutta la città.
Senza dimenticare il lavoro fatto con Asem, l’associazione per i servizi moda (ad esempio, sono state istituite le ‘Sentinelle della Passerella’. Alle ultime sfilate hanno individuato quattro modelle anoressiche e la cosa è stata subito riferita alle due griffe imputate, intimando la sospensione, grazie all’intervento della Camera Della Moda), con le farmacie (approntando un servizio di assistenza psicologica) e il tavolo di discussione che a breve sarà avviato coinvolgendo le palestre della città, per servizi di personal trainer su misura (contro l’ossessione del bruciare calorie che sempre più spesso affligge le ammalate).
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