Oggi l'editoriale lo scrivo io/Paolo Torchio - Nessuna notizia della vacca dimagrita
25/10/2010
Forse finalmente qualcosa sta cambiando nel panorama dei mezzi d’informazione del nostro comparto. Mi spiego meglio: tutti noi, più o meno, leggiamo con una certa regolarità le varie testate pubblicitarie, o comunque quel che ne resta. Sono un retaggio degli anni ’80, quando arrivavano via fax o in abbonamento. Allora tutto andava bene, le vacche erano grasse, grossi budget passavano di mano e rilasciare l’intervista trionfale con la foto da condottiero, mano sotto il mento e sguardo all’infinito, poteva - forse - avere un senso.
Da allora, lo sappiamo bene, tutto è cambiato. In particolare negli ultimi anni abbiamo vissuto una crisi senza precedenti. Un’ondata che ha investito violentemente il nostro comparto, contribuendo non poco alla contrazione del numero di addetti che (cito Dario Mezzano) è passato da 8mila a 3mila, e che in più ha distrutto la redditività, costringendo le agenzie a pesanti ristrutturazioni che hanno messo molta gente in strada.
Insomma, negli ultimi anni le vacche sono dimagrite e oggi c’è davvero poco da ridere. Malgrado questo ho spesso la sensazione che la nostra stampa faccia fatica a sintonizzarsi su questa nuova realtà. Molti articoli continuano ad uscire con toni trionfalistici, le foto dei manager sono sempre con la mano sotto il mento e lo sguardo intenso verso un domani luminoso. Ma abbiamo davvero bisogno di questa facciata di lustrini e tappeti rossi, quando poi tutti noi sappiamo che nella realtà le cose non sono certo messe bene? Non sarebbe più utile un’informazione vera, seria, capace di affrontare i problemi, di fare più giornalismo e meno copertine a pagamento?
Sia chiaro, non voglio in alcun modo attaccare editori e giornalisti di queste testate. Al contrario, questo è un invito a proseguire sulla via dell’approfondimento e del giornalismo vero, fatto anche di cattive notizie, di amare riflessioni, di dibattito. E anche noi pubblicitari dovremmo aiutare questo processo, smetterla di rilasciare interviste che lasciano trasparire vacche ancora grasse e noi tutti saldamente al nostro posto sul ponte di comando verso chissà quali mirabolanti nuove imprese, campagne, premi, successi.
Forse dovremmo noi per primi cominciare a dire le cose come stanno, ad affrontare la crisi anche attraverso la capacità di ammettere errori, fare autocritica, proporre soluzioni di discontinuità. In qualche modo questo parlerebbe di noi e della nostra maturità come categoria. E farebbe bene anche alla nostra relazione con i clienti, che leggono le nostre 'veline' e che oggi potrebbero paradossalmente pensare che tutto vada bene (con conseguente richiesta di corpose riduzioni di fee perché tanto “voi ne avete già fin troppi”) o più probabilmente chiedersi come mai, anche semplicemente a livello informativo, il nostro essere pubblicitari sia alla fine così legato ad una componente di effimero.
Vero che il nostro mestiere consiste in buona parte nel dipingere realtà da sogno, ma credo possiamo essere tutti d’accordo sul fatto che a livello nazionale già abbastanza voci dicono che la crisi non c’è e che tutto va bene. Gli editoriali scritti “da noi” e alcune interviste apparse recentemente su youmark confermano che c’è voglia e spazio per delle riflessioni più vere e meno di palazzo: i rimborsi, le gare, zooppa, grandi vs. piccole, e così via. Sono segnali che fanno ben sperare in una stampa di settore più votata all’inchiesta, alla riflessione, all’approfondimento. Incoraggiamoli.
Paolo Torchio, chairman The Others
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