Oggi l'editoriale lo scrivo io/ Fabrizio Russo - Ode alla vacca
04/10/2010
Poco più di 12 anni fa, il 25 agosto del 1998, moriva Enrico Sannia. Geniale, fragile e fumantino come si conviene, Enrico era uno straordinario regista pubblicitario che aveva la capacità unica di raccontare l’italia e gli italiani senza dover ricorrere alla commedia all’italiana. Ci manchi Enrico.
Uno dei temi totalmente assenti nella povera dialettica del nostro settore è la cura delle persone che vi operano. Un silenzio assordante, insopportabile. Celebriamo il latte ed intanto lasciamo crepare la vacca.
Essere un giovane creativo o un giovane account, oggi vuol dire nella maggioranza dei casi essere precario (stagista si dice), portare il secchio e guadagnare due centesimi. E’ la bottega, bello!
D’altra parte, si potrebbe osservare, è sempre stato così. Chi scrive ha iniziato con la prima borsa di studio Assap, diciotto mesi di seminari e stage per due centesimi. L’idea era buona e i corsi di livello. Ma la mancanza di pianificazione ha prodotto in pochi anni più offerta che domanda e quello che ha lasciato, oltre ad un buon numero di professionisti, è l’abbattimento delle retribuzioni e l’avvento degli stagisti mannari.
Fermo restando che il problema della contrazione delle retribuzioni e l’eccessivo ricorso al precariato sono problemi del Paese, fermo restando che nel nostro caso fanno scopa con l’inaccettabile riduzione dei fees, è criminale, avendo come unico capitale quello umano, non affrontare il problema anche in termini di qualità della vita e di formazione.
Oggi un giovane d’agenzia viaggia poco (c’è internet), incontra pochi talenti (c’è skype), non incontra il cliente (c’è la mail) e siccome c’è poco bel lavoro, i soliti senior si prendono il meglio, quello con più respiro, quello che ti fa crescere. Siccome la logica dice che i giovani sono il futuro, tra qualche anno il costo di tutto ciò sarà il colpo mortale alla nostra industry, ammesso che si possa uccidere un morto.
Torniamo a mandare i creativi al festival di Cannes e mandiamoci pure gli account, costa meno di un animatic ed è un toccasana per l’intelligenza. Diamo più responsabilità ai più giovani e presentiamoli come si deve. Aiutiamoli a pubblicare i loro libri, a sognare di fare il rock o progettare applicazioni. Andiamo nelle scuole di comunicazione, ma solo in quelle che valgono. Insegniamo ai clienti che il talento e la passione non si comprano con i Diari. E, parlo alla galassia indipendente, mettiamo insieme i quattro spicci che abbiamo e investiamo nella nostra gente, coltiviamo i talenti e proteggiamo gli strani, che da sempre sono la ricchezza di quel magnifico meltin’pot che sono le agenzie.
E poi, solo ogni tanto, ricordiamo loro che Enrico Sannia sì che era avanti.
Fabrizio Russo, KleinRusso
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