Séguéla: cuore a sinistra e portafoglio a destra. Berlusconi star. Ma i seduttori sono i francesi
20/05/2010
Altrimenti gli italiani non si sarebbero lasciati scappare la più bella donna al mondo, Carla Bruni. Che, Séguéla dice, avrebbe dovuto sposarsela Berlusconi. Uno dei pochi politici ancora ad ampio consenso, crisi nonostante. Perché è una star, magica, a misura d’Italia, fa sognare per fama e successo, sbandierato, anche quello con le donne. Ma è uomo del 20° secolo. Oggi c’è bisogno, invece, di leader del 21°. In Italia sarebbe giusto fosse una donna, di una sinistra che smette di oltraggiare Berlusconi e che pensa a sé. Già pronto lo slogan, ‘votate per voi stessi!’. Ma veniamo al “portafoglio a destra”, inteso come premio al ‘movimento’ nel senso di ‘non immobilismo’. Niente a che fare, dunque con la fatidica frase ‘se un uomo non ha un Rolex a 50 anni è un fallito’, che semplicemente ha voluto difendere Nicolas Sarkozy, soprattutto dalla platea di giornalisti che al polso lo avevano tutti. In ogni caso, poi, a Séguéla è costata scuse pubbliche. Come lo stesso racconta al microfono di youmark.
E bravo Fausto Lupetti editore. Perché è suo il merito di aver portato a Milano, ieri in una conferenza presso la Fnac di via Torino, il guru della pubblicità Jacques Séguéla, per presentare il suo ultimo libro, da Lupetti edito, 'Presidente da Vendere'. Una sorta di lunga intervista in movimento, all’interno delle sue esperienze e convinzioni, forte dell’ideazione di ben 20 campagne politiche e circa 1500 commerciali, affermando che prodotti o politica poco cambia. Non c’è differenza, infatti, tra atto elettorale e atto di consumo. L’obiettivo della comunicazione è creare marche, siano esse detersivi o presidenti della repubblica, e persino papi. Aggiungendo, però, che in certi casi l’etica fa scegliere, citando ad esempio il suo no a Gheddafi.
E ringraziando la crisi. ”Grande occasione dei politici per lottare a colpi di concretezza contro l’idea immateriale della finanza impazzita e, in questo modo, riaffermare la propria utilità. Ricordando che una campagna non si vince, è l’avversario che la perde”. Dunque il ruolo del comunicatore è spingere all’errore colui che, dopo, diventerà semplicemente ‘l’altro’.
Ma c’è un’altra occasione contemporanea. Internet. Il nuovo dio della nostra era (ma, così come la religione, anche il web deve stare attento perché potrebbe diventare pure la più grande schifezza), è la condivisione, con la rete a farsi motore di speranza, strumento di lotta, per vincere le grandi sfide. Prima tra tutte la fame nel mondo. Perché, e non si tratta di poca sensibilità ai temi ecologici, se muore un albero dispiace, ma se succede a un bambino è tragedia. E nel mondo ne muore ancora uno ogni 6 secondi.
Tornando alla pubblicità, poi, è un dato di fatto che in Italia la società non ha mai tentato di capire i media e qualsiasi intellettuale non parlerà mai bene dall’advertising. Al pari, i nostri politici, o non se ne intendono, o si fanno influenzare dal negativo parere che di essa hanno gli intellettuali. E poi c’è sempre l’annosa questione della nostra incapacità di trovare una via italiana alla creatività. Troppo popolare, provinciale, promozionale. Puntando il dito anche contro le aziende. Ma si sa, nella patria di Marco Polo, più che di strategie di lungo, si parla di guadagni nel qui e ora.
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