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Massimo Costa: le piccole funzionano? Peccato che fanno la coda per farsi comprare

03/03/2010

Sottinteso, le agenzie. Rispondendo all’annoso quesito piccolo è meglio, o multinazionale vince? In questo caso inserendo il tutto all’interno di un discorso più ampio, che dell’Italia nel confronto internazionale ha fatto il suo fulcro. Ma andiamo con ordine. Ci riferiamo agli appuntamenti ‘Incontrando il cambiamento’ organizzati da AssoComunicazione. Un titolo che parla chiaro. Se detto così, in italiano, poi, ancora di più. Tanto che, volendo sorriderci sopra, verrebbe quasi da aggiungere imprecazioni scaramantiche alla sintesi di quanto ne consegue. Perché, almeno dal succo degli ultimi due svolti, se qualcuno ancora nutrisse un qualche entusiasmo per le sorti del nostro Paese, le sue certezze saranno sicuramente state messe a dura prova. 

La scorsa volta è stato Tito Boeri a presentare le sorti di un’Italia allo sbando. Ieri sera Massimo Costa. Il primo a parlare di economia, il secondo di comunicazione (seppur precisando “sono uomo di business non di pubblicità”). Lasciando entrambi sfumare le speranze. 

Il che non nasconde una critica, quanto una constatazione. Senza trincerarsi dentro un ottuso ottimismo di facciata, piuttosto riflettendo sulla concretizzazione di una plausibile via d’uscita. Di cui oggi già si conosce il nome, ‘digitale’. Ma non basta. O non solo. 

Sul tavolo diversi problemi. A partire dalle dimensioni del nostro mercato, così come della sua profittabilità, visto che nel confronto col mondo sembra che le agenzie italiane incassino mediamente, a parità di tipologia di cliente, un terzo della Spagna e un quinto della Francia. 

Ancora, limitazioni culturali, assenza di cambio generazionale, anzianità, sistema Italia, televisioni, scarsa volontà, difesa dello status quo, la scuola. Sigle che sulle campagne dei clienti incidono ben poco. Clienti che non capiscono, ma che scelgono al posto di chi hanno prima voluto come consulente.
 
Non sposando nemmeno l’alibi ‘picolo è meglio’, in primo luogo perché, al contrario dell’estero, da noi ci si mette in proprio dopo i 40, fuoriuscendo dalle multinazionali (sarebbe auspicabile il viceversa, prima fai vedere chi sei con una realtà tua, poi saranno i grandi gruppi a cercarti) inoltre perché chi crea la propria agenzia, al contrario di chi crea un’azienda, non lo fa per tramandarla, ma per venderla. Tanto che di strutture da acquistare è pieno il mondo. 

Senza dimenticare il peso della questione finanziaria. In un mondo di aziende che si concentrano sull’identificazione di mercati più papabili per il business, le agenzie non possono essere da meno, offrendo i loro servizi là dove oggi servono. Il che significa investimenti, risorse, dunque finanza, quotazione in borsa.
 
Al microfono di youmark Massimo Costa, chairman & ceo Emea, nonché presidente e ad Young & Rubicam Brands Italia.

 

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