Esselunga, Caprotti accusa le Coop e non vende
24/09/2007
Si è ‘riappacificato’ con la stampa ‘svuotando il sacco’. Sotto accusa il superpotere delle cooperative rosse ai danni della concorrenza. Ma per Bernardo Caprotti, l’ottantunenne patron di Esselunga, la presentazione del suo libro ‘Falce e carrello’ è stata anche l’occasione per smentire i gossip sulla vendita. Oltre che per ribadire la leadership del suo brand, migliore per qualità e prezzo. Il tutto grazie a un ‘bacillo’, quello da retail, e a una strategia in cui il dettaglio è ‘furia’.
Che la distribuzione non sia mai interessata molto all’Italia è fuori discussione. Lo dimostra il fatto che una catena come Ikea non ci appartenga, pur rappresentando noi ben l’8% delle sue forniture globali, o una realtà come Danone, pur eccellendo nei prodotti alimentari. A Bernardo Caprotti, invece, sì. Al punto da ammettere di aver contratto il ‘bacillo da retail’. Siamo nel 1957 quando partecipò alla fondazione della Supermarkets Italiani Spa, su iniziativa del gruppo Rockefeller. Solo tre anni più tardi la sua famiglia ne acquista il 51% e nel ’65 lui ne assume la direzione. Erano 15 supermercati, 10 a Milano e 5 a Firenze. Oggi Esselunga vale 135 supermercati, 17.000 dipendenti e 5 miliardi di fatturato.
La questione è stata portata sul tavolo di Neelie Kroes, commissario europeo responsabile della Concorrenza. Nella distribuzione poter esercitare concorrenza significa esserci. Non consentire l’ingresso di un’insegna in un determinato territorio equivale a creare distorsioni. E qui sta il nodo della questione. Nel suo libro ‘Falce e carrello’, edito da Marsilio, con prefazione di Geminello Alvi, infatti, Caprotti denuncia le Coop per avergli impedito di presidiare determinate aree. Tra tutti cita l’esempio di Bologna, dove il ritrovamento di reperti etruschi fu l’espediente utilizzato dalla Sovrintendenza alle Belle Arti per bloccare i lavori del nuovo punto vendita Esseluga, conseguente alla trattativa d’acquisto del vecchio stabilimento Goldoni. Poco tempo dopo, però, le Coop inaugurano lì una loro nuova sede.
Ma non solo. Anche sul prezzo la questione non convince e qui Caprotti lo dimostra con i numeri. Cita percentuali di maggiorazione dal 10 al 20% a seconda del territorio esaminato, con le Coop liguri a brillare per rincari e disservizio, visto che lì alle 20 si chiude. E non fa eccezione nemmeno la pasta. La sua, infatti, costa 38 centesimi, quella Coop 46. Interrogato sull'identità della ricetta per un lavoro di qualità capace di ‘fare bilancio’ contenendo i prezzi, Caprotti cita tre elementi: volumi, logistica e ubicazione.
Infine le tasse. In media le cooperative pagano il 17% di aliquota, le altre aziende il 43%. Nel dettaglio, a fronte di circa 7 miliardi di fatturato, la Coop versa 70 milioni di tasse. Esselunga su 4,9 miliardi, ben 152 milioni.
In ogni caso Caprotti oggi non vende. Dice che, comunque, potrebbero essere solo tre o quattro i nomi in grado di poter proseguire nella strategia intrapresa. Non certo Wal Mart, il discount del Mead West di cui tanto la stampa ha chiacchierato le avance, ma così agli antipodi della filosofia Esselunga. E neanche Gianpiero Pesenti, cui Caprotti ha confessato di avere detto no.
E poi c’è anche l’alternativa della Borsa, che al momento è tutt’altro che scartata.
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