Vanity Fair: la donna trasversale fa record. A 400.000 copie
14/10/2009
A riprova che il non ghettizzare le donne in quanto tali paga. Almeno in edicola. Che vede l’edizione italiana di Vanity Fair, l’unica a livello internazionale ad aver optato per il settimanale (ci provò la Germania ma fu un fiasco, mentre Uk, Usa e Spagna insistono con il mensile) superare proprio con i numeri di agosto il muro delle 400.000 copie. Potendo ammettere che le vendite crescono del 5% (diffusione media 260.00 copie, di cui 100.000 abbonamenti), contro il -99% delle copie promozionali. Peccato che questo mercato non garantisca altrettanta soddisfazione nella raccolta pubblicitaria. Ma se nel primo semestre la perdita di volumi superava il 18%, i mesi a seguire sembrano assestarsi su cifre meno nere, con ottobre a far pensare a una perdita dimezzata, lasciando presagire una fine anno che potrebbe riservare sorprese. Ringraziando la politica di tenuta dei prezzi e quella citata di epurazione, che ha significato ottimizzazione delle azioni di marketing, dicendo stop anche alle iniziative di prova prodotto. Ma soprattutto insistendo nella qualità delle proposte. Convinti che web e carta non siano concorrenti ma sinergici.
Perché il mercato è fatto dall’offerta, non dalla domanda e articolare non significa impoverire, ma stimolare. Al microfono di youmark Luca Dini, direttore responsabile Vanity Fair. Che off the record ammette di mirare alla Bruni per una futura copertina. Ma con un’intervista doc. Per Vanity Fair, infatti, le storie devono reggere in quanto tali, non solo generare eco per quanto il solo nome promette. E a titolo esplicativo gli viene da citare l'intervista a Barbara Berlusconi che bacchetta suo padre. Ripresa da centinaia di testate e decine di migliaia di siti internet nei cinque continenti.
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