Il pubblicitario sta alla creatività come il Dj alla musica?
05/10/2009
Lontani dal volere fare del caso, che a titolo esemplificativo chiameremo Lavie-Comcast-Eridania, il caso, ci è parso opportuno servircene per affrontare il tema. Quello del rapporto tra creatività e comunicazione commerciale. Delicato. Perché, si sa, la pubblicità spesso si autodefinisce come la meno nobile tra le arti. Ma al contempo sa che, osando, potrebbe pure reclamare il proprio posto al sole. E l’imitazione c’entra. Leggete cosa ne pensano i creativi che hanno risposto al nostro appello.
Francesco Emiliani, direttore creativo Grey Group
“L’aria ultimamente è un filo pesante ma le idee stanno lì. Ogni tanto cascano giù, altre volte svolazzano e cerchi di prenderle a tutti i costi, altre ancora pensi che siano solo tue quando invece si fanno fare aria dagli altri, altre ancora sono sottovuoto e cercano di non scadere. Anche perché le nostre idee, il nostro mondo di comunicazione made in italy non è certo a lunga conservazione in questo momento. Comunque io sono favorevole all’aria aperta ma ultimamente, perdonate il cinismo, ci rimane un’ora d’aria. Al massimo. Quando ero un ragazzino e vedevo Indiana Jones che mangiava il tonno mi davo dei pizzicotti per capire se si fosse tutto d’un tratto imbruttito. La creatività, come dice parlando di fantasia Calvino, è un posto dove ci piove dentro. E il dentro è un concetto profondo e ampio. E’ grande, immenso, ci stanno un sacco di cose. Vale tutto. Siamo dei fottutissimi ladri. Rubiamo dalla musica, dai video, dalle mostre, dai film, dai libri, dalle foto, dai quadri. Da qualsiasi posto dove ci possa piovere dentro. Il problema è che ultimamente vista la qualità della nostra comunicazione - dato un occhio per caso a qualche prima pagina di giornali o a un fantastico notiziario di prima serata? - da che cosa ci possiamo far ispirare? Direi piuttosto di inspirare e respirare. Ancora, inspirare e respirare. Non mi sento mica tanto bene. A me questa nausea che mi pervade mi fa mancare il respiro. Comunque il video di Lavie era splendido e quando certe cose sono splendide il resto rischia di essere solo una copia. E dentro le copie è difficile farci piovere dentro. Oppure no. In ogni caso io ho tutto il suo cd. E sinceramente è davvero bello. Ascoltatelo. Poco tempo fa grazie a un suo pezzo ho pensato a una idea che mi piaceva, che poi è diventata una campagna che mi piace. Grazie Oren”.
Guido Mercati e Michele Turriani, founder & brand editor in chief at Canninal Brand Editors, London
"Abbiamo fondato lo scorso agosto in una città meticcia per tradizione come Londra un creative workshop che si chiama Cannibal perché crediamo che il mestiere di creativo è quello di assimilare, cannibalizzare e rielaborare stimoli da tutte le arti applicate e dalla strada, per generare nuove idee e visioni, create dal brand per la propria audience. L'istinto compulsivo del ⌘C⌘V incastra troppo di frequente i pubblicitari, che preferiscono attaccarsi a un'idea già applaudita piuttosto che rischiare di rendere popolare il proprio linguaggio, che avrebbe tanto bisogno di uscire dalle scatole grigie della réclame e farsi amare dalla gente. Quando si vende il brillante lavoro di altri si fa il lavoro dell'impresario del Circo Barnum e non quello della creatività che è, come scriveva Munari, ‘tutto ciò che prima non c’era ma realizzabile in modo essenziale e globale’”.
Marco Cremona, direttore creativo esecutivo McCann Erickson Italia
“Da ‘Play-Doh’ di Sony Bravia a ‘Cog’ di Honda, la comunicazione è piena di idee ispirate all’arte. Un creativo è la somma di tutte le esperienze che ha vissuto. Un film, un libro, una canzone, una mostra, una passeggiata, una conversazione: tutto è combustibile da assorbire e convertire in idee. E’ fisiologico. Lo spot Comcast in questo senso non mi scandalizza per nulla. Altro invece è creare un’idea pubblicitaria copiandone un’altra. Ovviamente non dico che sia il caso dello spot Eridania. A volte capita di avere idee simili per coincidenza o perché è realisticamente impossibile essere informati su tutte le campagne che escono nel mondo ogni giorno”.
Maurizio Sala, direttore creativo Bitmama
“La creatività è quasi sempre una rielaborazione, in chiave originale, di altre suggestioni formali e concettuali. L'invenzione che parte da zero è un modello teorico, non corrisponde alla realtà. Il punto è proprio lì: in quel ‘...in chiave originale’. Prendo spunto dall'ultimo film di Tarantino, ‘Bastardi senza gloria’. Come altre opere di quel regista è una rielaborazione originale di molte citazioni. Ci trovi dentro un sacco di riferimenti creati da altri artisti/registi. Allora Tarantino ha copiato? Non è creativo? Tutt'altro, secondo me. Ha creato un'opera originale, quindi creativa, utilizzando come ingredienti elementi noti in buona parte ma – appunto - rielaborati in modo magistrale. Dunque, direi che si può essere creativi anche prendendo a spunto cose già viste. Non è vietato o sbagliato in senso assoluto. Ma in casi del genere l'arte consiste nel rielaborarle fino a giungere a un nuovo equilibrio, il più possibile inedito rispetto al punto di partenza”.
Mauro Mastronicola, Abstract Grove
"Dal punto di vista creativo, trovo infelice fare copia-incolla di un trattamento di successo, originale, vincente. Per me sarebbe imbarazzante dire al cliente 'ciao, io sono il creativo che hai scelto per la tua campagna e ti dico che parte del tuo budget verrà speso per pagare i diritti dell'idea di un altro creativo'. Ma se sta bene a lui...I casi di 'alta ispirazione' Eridania e Comcast sono così palesi che quantomeno si è deciso di trattare con dovuto rispetto chi deteneva la paternità dell'idea, pagandolo o coinvolgendolo nel progetto. Ma per l'Italia questo è un caso su tanti, solo più evidente. L'80% ,volendo essere generosi, delle campagne prodotte nelle nostre agenzie sono dei mash-up di idee altrui, di idee 'che sono nell'aria'. L'advertising italiano vince pochissimi riconoscimenti internazionali solo per questo, perché sarebbe stupido iscrivere ad un concorso una campagna-contenitore di idee o trattamenti già visti, o premiati l'anno prima. I guirati di solito notano queste finezze. Che le idee siano nell'aria è vero, tutti i grandi movimenti storici sono nati così, figuriamoci! Che l'aria attuale sia densa di web è mia opinione. E' una fortuna che sia così e anche una grande opportunità. Il web democratizza tutto, teoricamente oggi la mia idea, chiunque io sia, può raggiungere in tempo reale un numero smisurato di utenti e, per capire se ha successo, sono i meccanismi virali spontanei che innesca e i page views a decretarlo. Nei casi in cui i numeri sono significativi è normalissimo che tra gli utenti raggiunti ci siano anche persone che lavorano nel mondo della comunicazione e se qualcuno reputa che l'idea funziona, ispira o si può adattare non c'è nulla di male a partire da lì. Poi però bisognerebbe andare oltre, mettersi in gioco. Penso ad uno spot in onda in questo periodo: 'Noi nati negli anni 90'. Non ricordo il cliente. Il web è pieno di video home-made identici anche nel titolo 'noi nati negli anni '80', 'noi nati negli anni '90'. E sono cliccatissimi. Esempio di copia incolla palese. O la campagna stampa, anche stavolta non ricordo il cliente, dal claim 'il futuro non è quello di una volta'. In diversi luoghi centrali di Milano si può leggere questa frase sui muri, a caratteri cubitali. E' di un writer e non credo faccia il copy in qualche agenzia. Numerosi esempi di alta ispirazione ci sono anche all'estero, esiste un fantastico blog francese che ne svela una quantità infinita, www.joelapompe.net. L'ultimo che mi viene in mente è il nuovo trailer di Csi per la Cbs. La brutta copia dello splendido film 'Carousel' di Philips. Tornando a ciò che accade da noi, associo la creatività che rimodella quanto già fatto ad un cuscino morbido. Credo invece che dovremmo offrire pezzi unici. Rendere una campagna memorabile, nel senso più puro del termine, spesso non una richiesta del cliente, ma dovrebbe essere il nostro obiettivo. Ma per il mondo dell'advertising italiano questo sembra essere un obiettivo ad alto rischio".
Paolo Rumi, creative director Go Up Communication Group
“Credo che anche per la creatività commerciale ci sia differenza tra chi vuole esprimersi in modo personale e chi guarda troppo in giro. I primi ascoltano quel che il cliente dice, e cercano di ‘farlo volare’, i secondi prendono un videoclip, una scheggia YouTube, un annuncio su Shots ...e li cambiano un po’. Del resto la reclame vive di citazioni, e internet amplifica sia la buona che la cattiva fede. Io sono un’espressionista, magari estemporaneo, e mi affido a Sponsorshop e alla buona sorte. Gli ‘impressionisti’ pigliano di qui o di là e commentano ‘nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si ricicla’ con pragmatismo (autoassolutorio). E un tempo aggiungevano : ‘E poi è un’altra nazione’. Sottacendo il fatto che imitano un lavoro ‘espressionista’ originale. Nell’età del web - come prima - mi regolo secondo la massima ‘Imitation is the best form of flattery’ , e metto come misura l’etica giapponese che permette la copia solo se migliori l’originale o dici qualcosa di originale, mentre per i cinesi il diritto d’autore è un concetto inesistente). La differenza dunque è nel risultato. E ancor più qui, dove ‘l’ispirazione’ è dichiarata. Mi sembra che gli spagnoli aggiungano, mantenendo con la camera fissa la coerenza formale, mentre gl’italiani pasticciano con lo zucchero”.
Roberto Vella e Stefano Longoni, direttori creativi Red Cell
“Nel caso specifico non vediamo malizie o furberie di nessun tipo. E’ stata vista e apprezzata dalle agenzie in questione un’idea molto suggestiva e perfetta per qualsiasi prodotto venduto come ‘dei nostri sogni’. E’ chiaro che è una suggestione molto generica, puoi firmarla con qualsiasi brand. Ma almeno è stato fatto tutto alla luce del sole, soprattutto nel caso spagnolo dove la citazione è filologicamente precisa. La versione Eridania sembra un po’ più camuffata, ma in effetti si può vedere anche come arricchita dalle intuizioni di Ago Panini. Rimane il fatto che l’idea è di altri, per cui noi non lo avremmo mai fatto, ma siamo convinti che ci pescheranno ancora in tanti. D’altro canto, ed è questo il vero l’equivoco, la creatività in pubblicità non sta nell’inventare dei codici quanto nel saperli mettere in contatto, linkare con i valori di questo o quel prodotto. Raramente è davvero inventiva, spesso è invece a traino di codici prodotti dai creativi ‘veri’ che lavorano nel cinema, musica, clip, arte. Diremmo che il pubblicitario sta alla creatività come il Dj alla musica”.
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