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GroupM: il mondo vuole performance. L’Italia le teme?

28/09/2009

In occasione della presentazione da parte di Adam Smith, futures director GroupM, delle previsioni mondiali degli investimenti marketing e media (alleghiamo documento integrale), con Federico Rampolla, chief interaction officer GroupM Milano, youmark ha guardato più da vicino all'Italia. Grazie ad automotive e finanza, il 2009 chiuderà nel nostro paese un po’ meno peggio. Ma non è ancora ripresa. Seppur alcuni clienti già dichiarino intenzioni di aumento dei budget 2010, infatti, la curva resta negativa (fine 2010 da 0 a meno 2%). Tra i media, protagonisti internet (+15%) e la tv digitale (la stampa continua a soffrire, seppur un po’ meno, tv e radio piatta, Ooh con il segno meno, del 2-3%). In quanto ai prezzi, si è già toccato il fondo, così se i big terranno, i piccoli saranno ancora in sofferenza. Mentre si lavora per il boom della richiesta di performance, già realtà in paesi come gli Uk. Ma, si sa, l’Italia è differente. 

Nel senso che, da noi, la necessità è solo agli albori, tanto è caratteristico il nostro sistema. Basta pensare come internet, seppur sia uno dei pochi mezzi in crescita (+15%, ma valendo solo il 7% del totale investimenti), ha ancora molto di invidiare a situazioni come Usa e Uk, pure per l’approccio. Lì, infatti, la tecnologia ha modificato le aspettative, portando i brand a pretendere di pagare le effettive performance, l’efficacia. Tanto che, nella strategia globale Wpp/GroupM, la cosiddetta area del marketing services diventa priorità, indicando in essa il direct marketing quale traino

Da noi si continua a preferire lo sparo nel mucchio, supportati dalla struttura del nostro sistema media, e dai prezzi. Perché ‘tutti’ conviene più che gli ‘interessanti’, ma della questione costi parleremo tra non molto. Tornando a internet, seppur meno evidentemente che nel passato, faranno la loro parte sia search che display, con il fenomeno della ‘coda lunga’ a segnare l’entrata di nuovi clienti allettati dall’adv online grazie all’abbassamento delle barriere all’entrata. Che riporta direttamente l’attenzione alle sopramenzionate tematiche di prezzo. Perché, non è segreto, di recente si è toccato il fondo. Con i media a elargire il doppio degli spazi per il medesimo budget, affidando alla scontistica selvaggia la capacità di convincere. Non che il trend sia finito, ma certamente i big non saranno più disposti a scendere ulteriormente, avvalendosi della loro capacità di reach. Per i piccoli, invece, la lotta è ancora aperta, aggravata dal proliferare dell’offerta conseguente alla digitalizzazione. 

In quanto al mondo, il mercato chiuderà a -5,5% e la ripresa economica prevista per il 2010 non saprà tradursi in altrettanta vitalità per l’advertising che, anche l’anno prossimo, fletterà, a meno 1,5%. Consapevole che pure nel medio lungo periodo il vigore degli investimenti non saprà seguire quello del pil. Come si sa, infatti, tra le due misure esiste correlazione, ma la seconda da sempre vive in modo più assopito gli slanci dell’altra. 

Soprattutto oggi. Con la necessità di risconti e di misurazione ad aver cambiato gli approcci. Di un mondo a diverse velocità. Da un lato i paesi emergenti (Bric). Sempre più protagonisti del mercato e della crescita. Con situazioni come la Cina a mostrare la forza del media, televisione in testa, mentre internet risente di problemi infrastrutturali. Tanto che Wpp crede che gli emergenti sapranno presto assorbire il 40% degli investimenti.

 

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