Aziende, riappropriatevi del vostro brand
06/07/2009
O meglio, non lasciatelo a se stesso. Perché in rete il rischio è la perdita di controllo. Con lo User Generated Content e il passaparola virtuale che creano un mondo parallelo a quello che il marketing e la comunicazione costruiscono intorno alla marca. Dunque, non si può più far finta che il fenomeno non esista. Partecipazione e condivisione dei consumatori detteranno in futuro i successi di qualsiasi bene o prodotto. A cercare di fare chiarezza su quanto sta accadendo ci ha provato l'indagine 'Your brand in their hand', condotta da Mediaedge:Cia su oltre 11.000 internauti dai 16 ai 35 anni in 22 Paesi nel mondo, fra cui l’Italia.
Tutto ruota intorno alla Creative Consumer Participation (CCP), ovvero le iniziative di comunicazione, promosse da un brand, che stimolano e coinvolgono il pubblico nella co-creazione online a diversi livelli: votare, condividere pensieri e opinioni, realizzare contenuti.
Come utilizzare il CCP quale strumento di comunicazione, varia a seconda del brand. Generalmente, la vera forza del CCP risiede nella sua capacità di aiutare il brand a costruire relazione, a realizzare nel lungo termine un vissuto emozionale ad esso positivamente associato. Più in dettaglio, le aree in cui può essere efficace sono aiutare a pilotare il passaparola, sviluppare prodotti in modo co-creativo, rendere i consumatori dei brand ambassador o suoi customer service, generare idee.
Quest'analisi ha preso in considerazione le tre tipologie principali di CCP - votare, condividere pensieri e opinioni, realizzare contenuti - e mostra un legame diretto tra la partecipazione online e una percezione positiva del brand. Per ognuno di questi tre livelli di partecipazione, più del 67% degli Yabus italiani (Young Adults Broadband USers) afferma che l'opinione sul brand sarà migliore.
Emerge tra l'altro che forme di partecipazione che richiedono uno sforzo maggiore, generano una risposta emozionale più forte. Infatti, tra le persone con atteggiamento positivo verso il CCP, l’effetto virtuoso derivante dal creare contenuti è ancora più
pronunciato. Il CCP perde efficacia se non è coinvolgente e il suo ruolo non è vendere, se non indirettamente. Il modo in cui viene impiegato meglio è creare predisposizione per altro tipo di comunicazione con una finalità più diretta e per sollecitare il passaparola e le raccomandazioni personali.
E non lasciatevi ingannare dai preconcetti che vogliono il fenomeno a netta predominanza maschile. In Italia, addirittura, l'equilibrio è perfetto, con la torta equamente divisa a metà fra uomini e donne. Per quanto riguarda l’età di partecipazione, la maggior parte dei partecipanti italiani (55%) a tutti i livelli di CCP ha un’età tra i 25 e i 35 anni. Attualmente solo il 10% dei Yabus italiani attivi ha meno di 21 anni. Ma c’è una forte e prevedibile relazione tra chi prende parte al CCP e il social networking: l’80% di chi è attivo in forme di co-creazione è iscritto ad un social network. Questo legame tra social network e partecipazione attiva è dovuto al passaparola. Indagando poi il livello di coinvolgimento, si è dimostrato come maggiore sia l’impegno richiesto nel creare CCP, maggiore sarà la voglia di parlarne tra le persone che vi hanno preso parte. In aggiunta si è osservato che, più sfidante è l’idea, più volentieri chi ne è toccato cercherà di coinvolgere altri amici.
Essere uno 'snodo vivente' - ovvero rimanere in contatto con tutti i propri social network - è di fondamentale importanza per i giovani frequentatori del Web 2.0. Ma per vivere è necessario avere qualcosa di nuovo di cui parlare, ovvero di 'moneta sociale'. Il beneficio per chi partecipa al CCP consiste nel fatto che esso fornisce spunti nuovi e creativi per alimentare il proprio social network, permettendo così agli Yabus di accrescere il proprio profilo e status grazie al dare qualcosa agli altri, e
al contempo mantenendo il proprio io/personaggio in rete. Dunque, maggiore è lo sforzo richiesto, maggiore è l’investimento personale, maggiore è la propensione a parlarne con gli altri. Di conseguenza, se il CCP proposto da un brand non fornisce qualcosa di positivo e innovativo di cui parlare, si perderà l’effetto passaparola.
Teoricamente, ogni brand può adottare una strategia di CCP, a condizione di avere l’'idea creativa giusta. In pratica, è più facile per alcuni brand piuttosto che altri. Nella personalità di un brand le principali caratteristiche che favoriscono attività di CCP sono creatività, fiducia, divertimento, avventura, amicizia. Se un brand non possiede nel suo dna queste caratteristiche, il CCP dovrà rappresentare uno sforzo maggiore, puntando tutta l'enfasi sulla creatività della singola idea.
La cosa più importante è che chi gestisce il brand non utilizzi il CCP come un escamotage per dare una mano di vernice su un prodotto vecchio, per farlo sembrare artificiosamente nuovo, contemporaneo. Chi gestisce il brand non deve farlo solo perché piace al consumatore, ma perché è la cosa giusta per il brand stesso. Senza mai dimenticare che affidare il proprio brand al libero contributo dei consumatori - e dunque, potenzialmente anche dei detrattori - vuol dire correre il rischio di esporsi al ridicolo o alla critica. Ma se il CCP è l’inizio di una conversazione con il consumatore, chi ha il compito di gestire il brand deve essere pronto a mantenere il dialogo. In ogni caso.
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