Sei in: Youmark > Rubriche > Tools
rss

Esterna: lezione numero 6

25/07/2007

Essere o non essere. Il dilemma amletiano quale reale probema della pubblicità esterna. Il rischio che,dopo aver speso denaro ed aspettative in una campagna ben pianificata, si possa sbagliare creatività e scomparire tra la quantità di segni e segnali della città, senza attirare l’attenzione di nessuno. Ne parla Paolo Casti, chief strategic officer Clear Channel Italy Outdoor nella sua sesta lezione al master Upa.

Un mezzo come la pubblicità esterna, che non costruisce il proprio palinsesto ma se lo ritrova già fatto e per giunta frastagliato e mutante come nessun altro, ha un bel da fare per indicare ai propri inserzionisti come affrontare il tema della copertura del target, quello della frequenza dei contatti o quello ancora più insidioso dell’impatto, figuriamoci quando si parla di creatività

È un lavoro complicato, perché, ammesso di azzeccare la distribuzione degli spazi all’interno delle città e supposto di riuscire a soddisfare teoricamente tutti i parametri media della campagna di affissione, resta il dubbio, forse il problema, di capire quanto il contenuto del manifesto verrà percepito nel suo insieme e se sarà visibile o paradossalmente se non ci si accorgerà della sua presenza.

Essere o non essere. Un bel problema, tanto più se pensiamo che tutti i calcoli che possiamo fare in fase preventiva sulla la pressione pubblicitaria si basano sull’OTS che purtroppo “comodamente” si accontenta di valutare “l’opportunità” piuttosto che la “probabilità”.
Tentando di rispettare i limiti di competenza della concessionaria, proverò a dimenticare per un istante che la pubblicità, principalmente, è fatta di contenuti. Il problema più grosso a questo punto è capire quanto ed in che modo la qualità compositiva del manifesto influenzi l’impatto visivo.

In questo senso potrebbe tornarci utile integrare la formula del GRP con un coefficiente K relativo all’“impatto visivo”; ci troveremmo nelle condizioni di ottenere un “GRP netto” con il quale il pianificatore sarebbe in grado di stimare la “pressione pubblicitaria effettiva” calcolata parzializzando l’opportunità di vedere.

(CxF) x K = GRP net

In questa formula C rappresenta la copertura, F la frequenza, K il coefficiente relativo all’impatto visivo o meglio la % di OTS trasformabile in contatti visivi, GRP net è la pressione pubblicitaria parzializzata in rapporto all’efficienza visiva del messaggio.

Il coefficente K
Valutando l’importanza che il coefficiente K ha in questa formula, viene da pensare a come attribuirgli un valore.
Per costruire un percorso di avvicinamento alla definizione di questo coefficiente, dovremo fare un passo indietro cercando di capire da che cosa dipende l’OTS e che cosa occorra, almeno in termini probabilistici, per trasformare “l’opportunità di vedere” in “contatto visivo”. Semplificando di molto il problema, potremmo dire che la “creatività”, o meglio il modo in cui viene gestito lo spazio pubblicitario, influenza, anzi determina, la probabilità di cogliere i contenuti del messaggio. Ho parlato di semplificazione non tanto riferendomi alla questione teorica della trasformazione della opportunità in probabilità, ma alludendo alla complessità di elaborazione di un messaggio pubblicitario che ha come priorità vitale quella di essere visibile, di farsi riconoscere, di farsi addirittura ricordare all’interno di un contesto (di un palinsesto) come quello della città, carico com’è di stimoli visivi e non solo.

Sarete d’accordo con me se dico che, abbastanza spesso, gli inserzionisti sono portati a non risolvere affatto il problema e ad utilizzare il fotogramma più significativo dello spot TV oppure ad ingrandire l’immagine della pagina pubblicitaria. Così facendo l’affissione ottiene risultati spesso insoddisfacenti che in fase di post-analisi vengono attribuiti alla debolezza del mezzo, alla sua fragilità rispetto alla complessità urbana. Visto superficialmente, infatti, il contesto della città azzera il valore “sinottico” di ogni “segnale superfetato”, ovvero annulla tutto ciò che è sovrapposto alla sua “corteccia architettonica” ed infrastrutturale che, a parer di alcuni, è addirittura violentata dalla “volgarità commerciale della pubblicità”.

Tutto è assolutamente vero ma, fortunatamente, solo quando il messaggio non è studiato per sopravvivere nella città, per convivere con essa.
Il fuoco del problema, quindi, si sposta verso l’interpretazione del palinsesto urbano. Per questo le abitudini, i desideri, i sogni delle tribù urbane, rapportati ai flussi della popolazione e collocati nella dimensione spazio temporale della città, sono continuamente oggetto di studio da parte di coloro che desiderano entrare in contatto con la collettività urbana.

La conoscenza del palinsesto urbano
La conoscenza del palinsesto urbano è indispensabile per chi affronta il tema creativo in pubblicità esterna.
In questo senso è indispensabile prevedere la verifica della compatibilità tra i contenuti della comunicazione ed il contesto all’interno del quale dovrà agire. Non sono in discussione i valori ed il linguaggio ai quali verrà affidato il messaggio, ma la sua capacità di sopravvivenza all’esterno, quando sarà immerso nella vita della città. In altre parole, il successo di una campagna pubblicitaria pianificata sul mezzo dell’esterna non può prescindere dal prerequisito della sua stessa “percezione”.

Spingendo il ragionamento alle estreme conseguenze possiamo affermare che la qualità creativa dell’annuncio pubblicitario non solo determina il successo delle campagne, ma drammaticamente ne può azzerare il valore.

Questo postulato non mancherà di spaventare a morte tutti i creativi rei di non averlo osservato, consapevoli o meno di aver buttato all’aria i soldi delle campagne di affissione orfane di una “creatività” studiata ad hoc.
D’altra parte ci saranno molti, sullo stesso fronte, che invece si tranquillizzeranno perché, semplicemente rispettando “le regole”, si troveranno già a metà dell’opera.

Spazio, tempo e luogo
Vorrei proporre alcune riflessioni riguardo gli elementi che, a mio giudizio, influenzano la “percezione visiva del messaggio pubblicitario all’interno del contesto urbano”.
Per semplicità ho individuato tre livelli di osservazione del fenomeno.
Si tratta dello spazio, del tempo e del luogo.
Le prime due entità collegate tra loro introducono il concetto di dinamica urbana, la terza per quanto relazionata alle prime risulta più comprensibile se trattata da sola.

Lo spazio va inteso nella sua fisicità: quella delle architetture e delle infrastrutture, anche pubblicitarie, degli elementi fisici che compongono la città come macchina urbana.

Il tempo ha due dimensioni. La prima approfondita con gli studi relativi ai risultati di Audiposter sulla durata delle esposizioni. La seconda quella dello studio dei cicli vitali della “collettività urbana” collegata ai fenomeni straordinari della città che interessano non solo chi la abita ma anche chi la vive per brevi periodi: il cosiddetto “Incoming”.
L’assai complessa lettura del rapporto tra il tempo e lo spazio all’interno della città rende comprensibili i fenomeni dinamici della macchina urbana e ci porta ad un approfondimento del “significato della città moderna” più riconducibile all’“energia che genera”, che alla sua “condizione statica”.

La terza area d’interesse è quella del luogo. Essa va intesa come osservazione sinottica del contesto visivo quella dei segni significanti del contesto urbano che la caratterizzano e ne determinano la percezione visiva generale.
Non mi sento di affrontare adesso in profondità queste tre aree, mi limiterò piuttosto ad utilizzarle come punto di riferimento, come ancoraggio per alcune considerazioni che mi consentono di trasferire quel pò di esperienza che mi deriva dalla pratica quotidiana di una professione in bilico tra urbanistica e sociologia urbana, tra comunicazione e design o quant’altro riconducibile alla pubblicità esterna.

L’esperienza non è tanto scientifica, ma relazionale ovvero sedimentata con la frequentazione di ambiti e di soggetti diversi con una forbice che si allarga dai pubblici amministratori agli sciamani della televisione, passando attraverso i recenti studi sui dati di Audiposter e la straordinaria vetrina internazionale di Clear Channel, il Gruppo per cui lavoro.

Lo spazio urbano
La prima area trattata, quella dello spazio urbano, è quella più approfondita dagli studi sull’Audience Measurement.
Audiposter ha avuto il grande merito di riuscire a misurare le audience della pubblicità esterna con un sistema assolutamente innovativo che ci consente di valutare le OTS contando il numero delle persone che attraversano una certa area fisica nelle condizioni di vedere lo spazio pubblicitario che la “illumina”.
Entrando in argomento c’è da dire che il motivo per cui lo sguardo dovrebbe selezionare un’area del campo visivo piuttosto di un’altra è legato a molti fattori, molti dei quali casuali, ma è importante constatare che una buona collocazione dello spazio pubblicitario spinge l’occhio a valutarne il contenuto.
In questo senso, nella costruzione del messaggio, è assai utile tenere presente che lo spazio, come dimensione fisica, non va valutato fine a se stesso, ma sempre in rapporto alla distanza di visione.

Vista in questo modo la questione avvicina di molto l’impatto visivo di un poster di 18 mq a quello di una pensilina di 2 m2.
La distanza visiva infatti si riduce molto per i supporti posti al suolo consentendone una visione più accurata. Al contrario i formati più grandi, per questione di ingombro, trovano più spesso spazio in posizioni meno vicine ai flussi pedonali e veicolari.
Certamente per questo “Levi’s” pianifica le pensiline invece dei poster, perché da lontano le cuciture dei suoi jeans non si vedrebbero, nonostante l’apparente vantaggio di un ingrandimento più generoso.

Vorrei citare a questo punto due soluzioni creative che a mio giudizio ci aiutano a comprendere meglio il significato di ciò che sto cercando di spiegare.
Il primo esempio è quello della pubblicità di “3M” per i suoi vetri di sicurezza.

La multinazionale del Minnesota ha fatto stampare una montagna di banconote false che ha ordinatamente impilato tra i cristalli dello spazio pubblicitario di una pensilina.
Visti lì per strada apparentemente non custoditi tutti quei soldi hanno attirato l’attenzione di molti.
Tutti certamente ricordano il messaggio di sicurezza di 3M perché hanno fissato nella memoria quella breve ma memorabile illusione di essere diventati ricchi.

Per il creativo che l’ha concepita, la vicinanza tra spazio pubblicitario e il target è stata vincente. Ma una eventuale “lontananza” non va vissuta come un handicap, al contrario anch’essa in talune situazioni può suggerire buone idee.

Ed ecco il secondo esempio. Su di un grande spazio pubblicitario molto distante dall’asse stradale, la “Us Army”, su un fondo giallo visibilissimo, ha riprodotto l’immagine di uno di quei dispenser utilizzati per la distribuzione dei depliant pieno di pieghevoli informativi scrivendo sopra di essa a caratteri cubitali “TAKE A BROCHURE”, lanciando la sfida agli aspiranti matricole delle forze speciali.
È evidente che, giocando sulla dimensione oversize dell’immagine, ma soprattutto sull’impossibilità di seguire l’invito a causa della distanza del poster, questo annuncio inneschi un processo mentale in chi lo vede. Certamente costoro saranno portati a ricordare la pubblicità ed a raccogliere la brochure quando se la troveranno a portata di mano.
In entrambi i casi il gioco delle distanze e dei formati innesca un meccanismo di memorizzazione non riproducibile in un contesto diverso da quello della città e dei suoi spazi.
Cercando di chiudere questo argomento con una indicazione di merito, penso di non sbagliare dicendo che affrontando la creazione di un manifesto, si dovrà tenere presente che nella valutazione della sua leggibilità, la “distanza ideale di visione” non dovrebbe superare la misura ottenuta moltiplicando per 10 volte la diagonale del manifesto.

Ciò equivale a dire che, stampando il bozzetto su un formato A4, dovremmo guardarlo più o meno allontanandolo un pò più di 3 mt. per capire se, posto su di una pensilina, sarà comprensibile da 20 mt., da 80 mt. se affisso su un poster o da 130 mt. su di un grande formato 6x9.
Certo le pensiline, i poster o i grandi spazi si vedono da molto più lontano, ma dalla distanza suggerita dovremmo essere in grado di leggere con un colpo d’occhio tutte le componenti della comunicazione.

I tempi della città
Passando a considerare la dimensione temporale ci vengono in aiuto alcuni argomenti che le informazioni di Audiposter ci consentono di approfondire. Innanzitutto la differenza sostanziale tra il mezzo esterna e la TV è che, almeno teoricamente, chi pianifica la TV (come la radio) conosce il tempo di esposizione del singolo spot perché è fisicamente limitato dalla durata dello spazio acquistato dal Concessionario. Differentemente in esterna lo spot è sempre in onda durante il periodo della campagna.
Per questo motivo Audiposter, oltre a contare gli incroci tra spazio pubblicitario e target, misura la durata di ognuno di questi. Il creativo, quindi, può conoscere a priori, in rapporto al tipo di pianificazione, il tempo potenzialmente dedicato, da parte degli individui in target, alla sua campagna.

In particolare egli dispone di molte informazioni: dal tempo di esposizione totale di tutti gli individui alla pubblicità, al tempo trascorso da ciascun individuo in target di fronte ad ogni spazio di ogni campagna.

In mezzo a tutte queste informazioni ci sta quella che sintetizza più di ogni altra il valore più utile per chi realizza o per chi valuta l’efficienza visiva della creatività. Si tratta dell’“OTS time” che ci dice quanti secondi dura il nostro “spot” in affissione.

La partita del creativo si gioca in quel segmento temporale che, a quanto abbiamo capito, si aggira in una grande città come Milano tra i 10 secondi per il traffico veicolare ed i 50 secondi per quello pedonale.
Resta inteso che si tratta di media, ma considerata la frequenza di questi incroci, che per certi network arriva a superare le 50 ripetizioni, vale la pena considerarlo come valido e da tenere presente in fase di progettazione grafica sia per quello che riguarda le immagini che per i testi.
Parlare di tempo che i soggetti in target passano nelle condizioni di vedere un poster, in realtà, ci può indurre in errore perché, in effetti, ciò che “pesa” nel successo di una campagna è il tempo che gli individui in target dedicano alla percezione visiva del manifesto.

Per questo è indispensabile disporre di una buona creatività.
Ed una buona creatività, come abbiamo già detto, deve avere il pre-requisito di essere visibile.

Concludendo, comunque può tranquillizzarci pensare che più alto è il valore dell’ “OTS time”, maggiore è la probabilità che l’individuo in target rivolga l’attenzione ad un poster che rientra nel suo campo visivo. Questo può valere come consiglio al pianificatore e come rassicurazione per il creativo.

Esiste un’altra dimensione temporale sulla quale è opportuno riflettere. Si tratta della “scelta del tempo” ovvero del “momento giusto” per fare pubblicità.
Mi spiego meglio. La vita di una città è talvolta, in alcuni casi spesso, condizionata dagli eventi che ospita.
In particolare dal potere attrattivo che essi hanno nei confronti di chi non la abita. Sto parlando delle fiere, dei grandi concerti, degli eventi sportivi o di quelli religiosi. Tutte occasioni nelle quali il numero degli individui potenzialmente esposti alla pubblicità esterna aumenta di molto. Quello che più conta dal punto di vista pubblicitario è che questi eventi sono a loro modo selettivi nei confronti del target. Parlando di Milano, per esempio, è evidente che durante le settimane della moda tutti i “marchi”, che hanno come obiettivo di marketing quello di catturare l’attenzione degli operatori del settore, siano fortemente interessati a concentrare la pressione pubblicitaria proprio mentre la città pullula di stilisti, compratori ed in genere di addetti ai lavori in quell’area.

Milano in particolare, con le sue Fiere, funziona pubblicitariamente come una rivista specializzata che ogni settimana cambia contenuti, interessando e condizionando con la pubblicità esposta sui suoi muri, oltre agli operatori della moda appena citati, anche quelli del design, dell’informatica, dei servizi, della ristorazione, del turismo e di tanti altri settori che si danno appuntamento periodicamente nella metropoli lombarda con tempi precisi e pianificati.

Tornando alla creatività è chiaro che parlare con operatori interessati proprio nel momento in cui sono maggiormente sensibili ai messaggi esterni diventa un’occasione ghiotta ed imperdibile.
In questo caso i messaggi non dovranno essere necessariamente legati alla loro professione, ma piuttosto al loro stile di vita e magari all’esperienza che stanno vivendo.

La città come luogo
Il luogo è il terzo elemento che influenza la percezione visiva della pubblicità all’interno dell’area urbana.
Tentando una semplificazione concettuale, potremmo tradurre luogo con “immagine urbana” condensando all’interno di questa “convenzione linguistica” tutti i segni che partecipano all’affresco della città che probabilmente con maggiore onestà e forse poesia dovremmo chiamare “Teatro Urbano”.
Creando un manifesto dovremmo sempre essere circondati da fotografie che riproducono degli scorci di città, delle immagini del teatro urbano.

Il manifesto infatti vive inserito, impaginato all’interno di un contesto già ricco di stimoli visivi, talvolta sovraccarico di segni, di cose che attirano la nostra attenzione perché rappresentano indicazioni vicine ai nostri bisogni elementari: la ricerca di un indirizzo, l’ingresso delle metro, la fermata dell’autobus, il semaforo, l’insegna del cinema o di un locale o dell’edicola.

La lotta per la sopravvivenza è l’istinto che deve guidare il creativo a difendersi, a vincere rispetto a ciò che già esiste.
Non sempre con la forza ma con determinazione, il manifesto deve vincere visivamente rispetto a ciò che lo circonda.

L’operazione riesce più semplice quando la pubblicità è integrata nell’arredo urbano, in quel caso è la dimensione della pensilina o della colonna che si conquista fisicamente la scena, ma quando gli spazi si trovano più o meno a ridosso dei muri allora lo sforzo è tutt’altro che piccolo.
In quel caso valgono la leggibilità, la semplificazione, la sintesi. Un colore di fondo deciso e determinato, il marchio leggibile, chiaro e posizionato in un’area visibile del manifesto, un copy forte di rapida lettura ed un’immagine decifrabile con un colpo d’occhio.

La comprensione di queste poche regole ha fatto la fortuna di molti marchi; citerei “The Economist” che con quel fondo rosso e con i suoi brevissimi testi ha conquistato gli sguardi di tutti coloro che si trovavano di fronte, oppure “Esselunga” che si è inventata decine di associazioni tra prodotti pubblicizzati e personaggi famosi. “Pirelli” che con quel “Power is nothing without control” associata al “pugnone”, metafora dei pneumatici, ha conquistato il mondo.
Composizioni elementari, sintetiche che comunicano con chiarezza l’intelligenza, la freschezza, l’affidabilità di Aziende che, in quanto all’utilizzo creativo della pubblicità esterna, avevano le idee chiare.

Non resta che tirare le somme di questa breve riflessione sulla percezione visiva della pubblicità nel contesto urbano. Ho cercato in questa sintesi di richiamare l’attenzione su alcuni elementi fisici oggettivi che condizionano il successo e, ahimè l’insuccesso, di molte campagne pubblicitarie che scelgono l’esterna per comunicare.

Ho volutamente evitato di trattare i contenuti sostanziali delle campagne perché penso sia corretto che altri si esprimano riguardo a questo.
Personalmente sono molto attratto dalle immagini intelligenti ed ironiche che con il pretesto della promozione di un prodotto mi fanno divertire, talvolta sorridere.
Vivendo parecchi giorni a Milano sono anche persuaso che l’eleganza di molte immagini dedicate alla moda presenti sui manifesti ci educhi in qualche modo a mantenerci consapevoli di quello stile che tutto il mondo ci invidia.

Sono anche orgoglioso quando possiamo promuovere campagne sociali perché aiutano coloro che hanno bisogno di speranza, ma anche perchè ricordano ad ognuno di noi la fortuna che abbiamo vivendo in un paese libero.

 

guarda tutti i Tools


Giorno Settimana Mese