La politica ha bisogno di creativi
02/03/2009
E pure di strategia, verrebbe da aggiungere dopo aver ascoltato gli interventi di politici, rappresentanti delle istituzioni ed esperti di comunicazione elettorale intervenuti a More Than Politics. Evento laboratorio organizzato lo scorso venerdì mattina a Milano dalla seconda edizione di More Than Zero Festival. Grandi assenti le realtà della comunicazione di marca. Ma, come si sa, quando c’è di mezzo il ‘pubblico’, o affini, sembra proprio non facciano testo.
In effetti, mancavano. Forse perché chi è abituato a ragionare in termini di strategia, di numeri, di Roi, di efficacia, l’impressione di stare un momentino indietro l’ha sicuramente avuta. Non per altro, semplicemente per la sensazione di assenza di un disegno a monte. Di una strategia di lungo. Che è poi la base per il successo della comunicazione. In rete, ma non solo.
E Obama insegna. Oggi a essere indicato quale guru del cambio di registro, disegnando il successo di una campagna elettorale in cui la strategia ha fatto la differenza. Ricordando, comunque, che l’operazione ha visto l’impegno di cento persone. Decretando la fine dell’internet team, perché la rete deve essere trasversale, integrata in tutte le fasi della campagna, dalla raccolta di fondi all’organizzazione nel territorio.
Evidenziando come la personalità del candidato è tutto. Perché, non diversamente da quanto succede con le marche, è da essa che bisogna partire nel costruire la strategia di comunicazione. Con la realtà che viene comunque prima. Quella di Obama a parlare di un candidato perfettamente a suo agio tra vecchi e nuovi media, riconoscendone il relativo valore e rispettandone le prerogative. Perché la credibilità è fondamentale. Dunque il rispetto del mandato di ogni canale, dalla tv ai blog, dalla rete al cellulare, non tradendo le aspettative della gente che, attratta da quel preciso strumento, è proprio lì che ti viene a trovare.
Non a caso, investendo Obama 370 milioni di dollari nell’advertising tradizionale, seppur meno del 50% di quanto impiegato nel resto, e soprattutto iniziando ad agire due anni prima. Perché la rete vive di relazioni. Che si sa, non si costruiscono nei tre mesi che i candidati da noi dedicano alla loro promozione.
Oltre al tempo, poi, anche l’organizzazione ha decretato il successo. Non è vero che in rete le persone si autodisciplinano. La viralità funziona se orchestrata da chi ha capacità organizzaztive, da un pool di esperti che dall’online sanno appropriarsi della realtà, definendo regole precise, cui ogni volontario deve poi sottostare, pena l’espulsione. Ovviamente puntando molto sul linguaggio, su quel noi che scatena la responsabilità, trasformando tutti in cellule attive. Senza censure, accettando anche i ‘contro’.
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