Creatività, il problema è di un intero Paese
04/07/2007
Maurizio Sala, presidente Adci, interviene sul tema lanciato ieri mattina da Aldo Biasi su youmark. L’Associazione dei direttori creativi si è sempre impegnata e continua ad impegnarsi. Ma fa parte di un ‘sistema’ in cui entrano in gioco anche altre variabili.
Desidero chiarire alcuni punti che vengono spesso equivocati riguardo i commenti sul Festival e più in generale sulla pubblicità italiana.
Il primo punto riguarda le nomine dei giurati a Cannes. La procedura non è quella indicata da Aldo Biasi (www.youmark.it/article.php?id=1422), nel senso che Adci non nomina un singolo giurato per ogni categoria ma ben tre candidature diverse per giuria: sono le regole del festival. A fronte di una nomina plurima (quest’anno sono stati candidati ben 12 nominativi diversi per 4 giurie) il festival sceglie chi andrà sulla Croisette, e lo fa a suo insindacabile giudizio. La responsabilità ultima delle scelte appartiene quindi all’organizzazione del Festival.
Con questo Adci sostiene e difende in ogni caso l’operato di Giovanni Porro, Alessandro Orlandi, Paola Manfroni e Michela Grasso. Per coerenza, per rispetto verso il valore professionale dei suoi associati, perché soprattutto è notorio che il ‘lavoro’ vero e proprio del giurato, cioè la discussione con i colleghi riguardo l’assegnazione degli eventuali leoni comincia solo dopo l’elezione della shortlist.
Infatti, nel processo di giudizio del Festival c’è una prima fase in cui i giurati vengono divisi in gruppi e a ognuno di questi viene assegnata una frazione delle entry totali. Ogni gruppo esamina la sua frazione e vota numericamente senza possibilità di discutere nè di vedere i lavori delle altre sezioni.
1) Il risultato di questo primo screening costituisce la shortlist, sulla quale poi - questa volta tutti insieme - i giurati si riuniscono, dibattono e assegnano i premi.
2) La costituzione della shortlist è dunque automatica (punteggio numerico e computer che fa le medie) e casuale (nessun giurato sa quali lavori vedrà in quella fase, che potrebbe anche non contemplare lavori del suo Paese).
Ne consegue che se un giurato si ritrova con pochi lavori nazionali in shortlist può fare ben poco. C’è il suo diritto a ripescare un lavoro, ma questo cambia poco le cose.
Immaginate una partita a tennis, se hai 2 palline da battere e il tuo avversario inglese (per esempio) ne ha 170 a disposizione ha immensamente più possibilità di te di fare punto, e puoi essere Lee Clow o Alex Boguwsky che la cosa non cambia.
Per questo a Cannes non conta molto avere uno o due pezzi buoni, ma è molto più importante avere una alta qualità media di produzione nazionale che ti consenta di avere una shortlist fornita e di conseguenza poter giocare le tue carte durante il dibattito che consegue. Chiunque parli con un giurato di Cannes di qualunque nazionalità si sentirà dire queste cose.
Mi risulta difficile, quindi, sparare sui giurati o sulle nomine di questi come fa Aldo Biasi per giustificare un sistema intero che da anni colleziona risultati modestissimi. E’ interessante viceversa annotare che sono già due volte in pochi anni che una giovane coppia creativa italiana vince la young Lions Competition davanti al resto del mondo.
Coppie selezionate e inviate al festival dall’Art Directors Club Italiano, peraltro. Questo ci dice che i creativi italiani, quando sono liberi di esprimersi producono riconoscimenti di alto profilo internazionale, col pieno supporto Adci.
Il problema sorge quando in campo scendono le altre variabili del sistema. Forse questo fatto andrebbe considerato con più attenzione.
Inoltre, quest’anno in particolare, Adci ha fortemente sottolineato il vuoto creativo esistente. Lo ha fatto in diretta, dal palco di premiazione dei suoi award e l’ha ribadito con forza e a chiare lettere durante l’incontro pre-Cannes con i giornalisti. Ha poi segnalato e premiato in anticipo gli unici due lavori italiani che hanno vinto leoni al Festival 2007.
Come sempre ha fatto la sua parte, con questo Consiglio e con quelli precedenti. Ma se il problema è di un intero Paese, un attore solo, per quanto motivato e operativo, non può ribaltare la situazione in arrampicata solitaria.
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