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Il Cergas Bocconi promuove il Servizio Sanitario Nazionale

18/11/2008

E’ il risultato dell’incontro tenutosi ieri a Milano. Con Giovanni Fattore, direttore Cergas, a indicare il nostro Ssn, nato nel 1978, quale più grande riforma sociale europea, con il coinvolgimento di circa 700.000 dipendenti, cambiando il modo di chiedere e ricevere assistenza sanitaria per l’intera popolazione italiana. Tanto da regalare al nostro paese il migliore quadro sanitario e a costi inferiori rispetto a Europa e Usa. Seppur con le troppo ampie differenze regionali a rappresentarne un ingombrante neo. 

In ogni caso un bilancio positivo, quello tracciato dai ricercatori del Cergas di questi primi trent'anni. Il ranking dei sistemi sanitari realizzato dall’Organizzazione mondiale della sanità nel 2000, infatti, ci mette al secondo posto al mondo, con solo la Francia a batterci. Molteplici i criteri di valutazione. Vita attesa, livelli di disabilità, differenze nello stato di salute tra ricchi e poveri, equità nel sistema di finanziamento, qualità percepita dell’assistenza e rispetto dei diritti dei pazienti. 

La vita attesa alla nascita, ad esempio, dal 1980 al 2005 è passata da 74 a 80,9 anni, superando quella degli altri grandi paesi europei e degli Stati Uniti. Nel 1960 la mortalità infantile in Italia era di 43,3 casi nel primo anno di vita su mille nati vivi, ben distante dai 22,5 del Regno Unito o i 26 degli Stati Uniti. Nel 2005, con 3,9 morti nel primo anno di vita, l’Italia aveva superato entrambi (il Regno Unito si attestava a 5,1, gli Stati Uniti a 6,9). 

A fronte di un ottimo profilo di salute della popolazione, poi, il nostro paese ha anche un sistema sanitario ragionevolmente economico. In Germania e Francia la sanità assorbe oltre l’8% del pil, nel Regno Unito il 7%, in Italia solo il 6,8% (circa 100 miliardi di euro l’anno). Gli Stati Uniti arrivano a un settimo del pil, oltretutto con scarsi risultati in termini di indicatori sanitari. 

Insomma, trent'anni di Ssn hanno contribuito a razionalizzare il sistema, ottenendo buoni prezzi nei mercati di provvista. La spesa pubblica per il personale è rimasta sotto controllo, i prezzi dei farmaci innovativi si sono mantenuti più bassi di quelli di altri paesi Ue e il sistema ha saputo controllare il complesso della spesa ospedaliera. 

Punto dolente, la sperequazione tra le diverse regioni
. Con i risultati peggiori in quelle che si sono dimostrate incapaci di una gestione economicamente efficiente della sanità, a testimonianza del fatto che la causa non sempre sia la disponibilità di risorse. 

Ma come potrebbe essere il nostro Servizio sanitario nazionale tra trent'anni? I ricercatori Cergas ne hanno tracciato un possibile scenario. Sicuramente è da prevedere una maggiore mobilità dei pazienti, non solo da una regione a un’altra ma anche da un paese all’altro. Con la mobilità interregionale, dal momento che è la regione d’origine a coprire i costi, ad accentuare il drenaggio di risorse verso quelle più virtuose. 

Cambierà anche la geografia delle professioni sanitarie
, con una suddivisione delle responsabilità tra la dimensione clinica, che continuerà a essere appannaggio dei medici, e quella logistico-alberghiera, che sarà gestita dai nuovi dirigenti sanitari non medici (infermieri e tecnici che, sempre più spesso, sono in possesso di una laurea). 

Il tutto implicando un ripensamento dell’immagine organizzativa dei reparti ospedalieri, verso un complesso reticolo in cui il personale sanitario laureato controlla i posti letto e il personale assistenziale per tutte le specialità, mentre i medici, ridotti significativamente di numero, sono concentrati quasi esclusivamente sulla clinica. 

Infine, dovrà pure modificarsi il modello di assistenza per le cronicità e la vecchiaia. Oggi l’intervento del Servizio sanitario è troppo costoso e le famiglie ricorrono alle badanti (700.000, più dei 670.000 lavoratori del Ssn). In futuro si dovranno sganciare i medici da questo genere di assistenza, per affidarla a infermiere e loro assistenti.


 

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