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Marco Testa, comunicazione volano per il paese


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Giovanna Maggioni, aspettiamo le Pmi al convegno di Roma


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Fedele Confalonieri, l'areale non è consentita, ma risorsa per tutti


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Maurizio Belpietro, selezione naturale nella carta stampata, con il problema sindacale


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Maurizio Costa, internet è oggettivamente concorrente, ma anche opportunità


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Claudio Calabi, informazione, cultura-formazione e prodotti-servizi per le Pmi


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Peter Grosser, il Libro Bianco fotografa lo status quo. Restano i problemi. Troppo campanilismo tra i mezzi e bandi di gara troppo complessi nel pubblico


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Stefano Del Frate, molte opportunità per le Pmi, manca la cultura


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Sergio Bona, il campanilismo non è nei centri media, ma tra Fieg e Tv


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Paolo Casti, per l'esterna c'era il suo editore. La Pa


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Andrea Baccuini, oggi non si sa ancora chi pensa integrato per le aziende


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Marzia Curone, in troppi ritengono che il fai da te sia proficuo. Sta a noi convincere del contrario
Uno stralcio del Libro Bianco della Comunicazione
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Comunicazione, nuovi investitori, cultura e meno campanilismo tra i mezzi

31/10/2008

Forse un’occasione mancata. Non negli intenti di AssoComunicazione, che con la presidenza MarcoTesta ha il merito di aver presentato il primo studio economico che fa la lastra a questo universo. Quanto nell’espressione dei suoi soggetti. Presentato ieri a Milano, il Libro Bianco 'Il mercato italiano della comunicazione d’impresa e delle istituzioni', infatti, ha visto sfilare sul tavolo della discussione una tv, tre editori di carta stampata, l’esperto internet e la rappresentante Upa. E già la sensazione è di carenza. Sentendo la mancanza di radio, esterna, cinema e dell’emergente esperienziale- unconventional all’appello. Ma soprattutto non convincono le visioni. Con l’evidente campanilismo tra mezzi a farsi portavoce dello stallo italiano. Sicuramente non foriero di un’opportunità di allargamento alla Pmi, la grande assente del sistema, praticamente da sempre. Mentre anche la Pa langue, e il finanziario tarda. 

Un occhio ai dati. Sicuramente interessanti. Primo fra tutti il numero di imprese che in Italia investono. Appena 18.000. Contro le circa 50.000 della Spagna, per citare solo uno dei contesti che vanno ampiamente oltre. 

Di queste 18.000, 600 fanno l’80% del nostro mercato, che vale 23 miliardi di euro e nel quale lavorano oltre 4.500 imprese , per un fatturato totale di 5,8 miliardi di euro. Al resto, compete una quota media procapite di 50.000 euro. Che la dice lunga su cosa questi soggetti possano pensare della comunicazione, visto che un tale budget non dà agli strumenti nemmeno l’opportunità di iniziare ad agire. Dunque scappano. E il circolo vizioso riparte. Da anni. 

Oggi il tema si fa stringente. Perché in gioco è il sistema paese. Che necessità di innovazione, crescita, sviluppo. Basta pensare alla nostra 33esima posizione in quanto a immagine, contrapponendola al valore che il brand ‘made in Italy’ha per le esportazioni. E già si è detto tutto. 

Anche per questo l’industria della comunicazione sente di poter avere un ruolo di prim’ordine. Con l’ingresso delle Pmi a fare la differenza. Tanto che una stima valorizza a 4.300 milioni di euro il complessivo loro potenziale apporto. 
Insomma, i big (in realtà appena 16) non possono più farcela da soli. Seppur dando segnali di credo, non sono in grado di risvegliare il comparto, tantomeno oggi. Nonostante la media dei loro investimenti procapite abbia andamenti in crescita, passando dai 334 euro del 2001 ai 370 del 2007 (in Usa siamo a quota 744 e in Uk 676). 

Il problema è il tempo. I costi. La cultura. E forse anche la nostra stessa comunicazione. Tempo, perché sarà molto difficile riuscire a far cambiare la situazione così velocemente che serva di supporto alla crisi. Costi, perché in questa congiuntura le Pmi sono più indirizzate a spendere per soluzioni immediate, anziché investire nel medio lungo. Il che è anche un problema di cultura. Mercato della comunicazione, perché è necessario strutturare opportunità capaci di allettare gli investitori minori. 

Forse vedere seduti al tavolo della discussione Fedele Confalonieri, Claudio Calabi, Maurizio Costa, Marco Montemagno, Antonello Perricone e Giovanna Maggiori non aiuta. E non fraintendete, non in termini di rilevanza degli interventi. Semplicemente perché ci sarebbe piaciuto sentire anche qualche portavoce di radio, esterna, cinema e unconventional. Magari avrebbero stemperato quel certo campanilismo che troppo frequentemente è invece emerso.

 

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