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Upa: no a una creatività fine a se stessa. Che le agenzie non si svendano. Perché la colpa è loro

07/07/2011

Un intervento che definiremo ‘saggio’ quello che ha caratterizzato l’apertura dell’annuale assemblea Upa, a voce del suo presidente Lorenzo Sassoli de Bianchi (ascoltalo al microfono di youmark). Per certi versi pure ‘politico’, portando alla ribalta gli interlocutori di sempre (editori e concessionarie), purché capaci di adeguarsi alle esigenze più sfidanti del nuovo. Quasi che la complessità di cui da tempo si parla inizi a mostrare i primi sintomi di chiarezza. Che non significa semplicità, tutt’altro. Ma sicuramente ritorno ai fondamentali, con la consapevolezza che oggi non c’è più solo una platea in ascolto, ma una tavola di discussione quotidiana e globale con cui fare i conti. 

Non solo. La crisi lascia sul piatto sfiducia e insoddisfazione (come riportiamo sotto con il dovuto dettaglio, per l’Upa il 2011 si chiuderà con investimenti in pareggio), rendendo forte l’esigenza di tornare a essere rilevanti per ottenere considerazione. Dai brand ai media (banda larga per tutti, ma al contempo tutela del diritto d’autore). Per quanto concerne la creatività, poi, no a quella fine a se stessa. Sì quando è strumento finalizzato alla valorizzazione del brand. E che le agenzie imparino a non svendersi. Perché se si fanno una concorrenza sotto costo, non è colpa delle aziende che ne approfittano.
 

Sintetizzando i concetti in quattro parole chiave. Frammentazione, dalla galassia di Gutemberg a quella di Zuckerberg, rimettendo in movimento i contenuti (la narrazione diventa strumento e risposta alla frammentazione), contro l’indifferenza, nemico mortale di qualsiasi strategia. 

Autonomia,
con le tecnologie ad allargare i confini della libertà di scelta di tempi, modi e luoghi con cui relazionarsi con tutti i media a disposizione. Salvaguardando al contempo l’attendibilità delle fonti informative, insomma, la professionalità, quale sinonimo di autorevolezza. 

Ubiquità,
audience e consumatori possono essere ovunque. E’ qui che devono mirare le ricerche, perché il consumatore va comunque riportato al centro. 

Infine, modernità. Per uscire dallo stallo in cui ci troviamo. Investendo in primis nella banda larga, l’infrastruttura più leggera, più economica e più rapida da realizzare, così come intervenendo sull’articolo 21 della Costituzione, che preveda un uguale diritto di accesso alla rete e la tutela della proprietà intellettuale. 

E soprattutto occhio alla purpose. Che non è per forza impegno sociale (vedi la case Old Spice, di cui ha tra il resto parlato nel suo intervento Paris Kafantaris, marketing vice president Western Europe di Procter & Gamble. In sintesi, qui si è trattato di voler aiutare il maschio a essere tale, in poche parole a piacere di più alle donne. Partendo il tutto da uno spot, ma allargando poi alla partecipazione), ma sicuramente ragione d’essere d’aziende e brand, oltre il mero profitto. 

Insomma, come anche da Simon Mainwaring (oggi fondatore di We First, dal nobile passato nell’advertising internazionale, basti ricordare i lavori per Nike) sintetizzato, il consumatore vuole un mondo migliore non un nuovo widget. Con la tecnologia ad averci insegnato la necessità di rimettere l’uomo al centro. 

In quanto ai dati sugli investimenti, giusto per strappare un angolo di sorriso, l’Upa ha voluto regalare una stima leggermente più ottimistica rispetto a quella AssoComunicazione. Se non altro perché qui scompare il segno meno (per AssoComunicazione l'anno si chiuderà a -0,7%). Al suo posto un pareggio, con gli investimenti che nel 2011 riconfermano i 9.268 milioni di euro

Nel dettaglio, i quotidiani in ribasso del 3% quotano 1229 milioni, circa medesima sorte per i periodici (-2,5%), seppur valendo circa un terzo meno. La tv ancora regina(4.835 milioni), ma in calo dell’1,3% . Debacle per la radio (-7,1% a 554 mio) per la quale Sassoli de Bianchi auspica (Audiradio ha chiuso non essendo stato approvato il bilancio) la definizione di un sistema di misurazione meter, ricalcando le modalità Auditel. Identica sorte per il cinema, anche lui perde il 7% ma su una base valoriale più risicata, che oggi quota 58 milioni. Segno negativo anche per l’outdoor, -5%, a 588 mio. Internet mosca bianca, con un 18% di crescita a 1.129 milioni di euro, avendo conquistato l'11% del mercato, tanto da avvicinare l’Italia ai parametri europei. 

In merito ai settori, a frenare sono soprattutto gli investimenti dei tre operatori delle Tlc: Wind, Telecom e Vodafone.   Tengono l’alimentare e l’auto (qui l’investimento pubblicitario è comunque una piccolissima percentuale del fatturato), crescono i prodotti per la cura della persona. Tradiscono le potenzialità banche, assicurazioni e servizi finanziari, in calo, ormai da anni.

 

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